28.9.10

L'uocchie chiusi. Un racconto fantastico in versi di Alessandro Cascone.

Alessandro Cascone l'ho conosciuto su fb. Non so molte cose della sua vita fuori dalla rete, non so neppure se ritragga lui o qualcun altro a me ignoto la foto che ho ripreso da un suo album. So che è napoletano, di sinistra, geologo impegnato in difesa del territorio, ma soprattutto lo considero un letterato raffinatissimo.
Di solito su fb pubblica riflessioni critiche e testi altrui, molto accuratamente selezionati. Ieri ha però gratificato gli amici con un dono inatteso, una poesia, o meglio un racconto fantastico in versi, assai bello, in lingua napoletana con traduzione a fianco. Dentro c'è Eduardo, e la scelta del napoletano lo testimonia. Ma c'è Wells, c'è Borges, c'è il taoismo, c'è la frequentazione del "fantastico" e la conoscenza delle sue cifre, dei suoi procedimenti allusivi, il tutto riusato con naturalezza, senza darlo a vedere, che poi è il segreto dell'arte grande. Il dialetto serve anche a questo, a restituire l'impressione di naturalezza che dà forza alla finzione. Nell'intento di mantenere sullo stesso rigo il testo napoletano e la traduzione ho usato caratteri piccoli, ma con lo zoom al 150% si vede benissimo (S.L.L.).
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Stev’ camminan’ rint a nu vico                       Stavo camminando per un vicolo
Nu juorno comme tanti llati,                           un giorno come tanti altri
Quando veriett’ duje viecchie                         quando vidi due vecchi
che durmeven, parev che ridevan’                  che dormivano, pareva che ridessero
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m’accustaie incuriosito, lentament,                mi avvicinai incuriosito, lentamente
tenevo paura re scetà                                    avevo paura di svegliarli
e veriett’ che overament’ ridevan’,                   e vidi che veramente ridevano
parev’ quasi che pazziavan'!                           sembrava quasi che giocassero!
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faciett’ duje pass chiu’ annanz’                      feci due passi più avanti
e truvaie duje giuvane e na giovane              e trovai due giovani e una giovane
rurmeven’ vicin e movevan ‘e man’               dormivano vicini e muovevano le mani
pareva che parlavan'                                     sembrava che parlassero
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U maronna, ma aro’ so capitato ?                 Oh Madonna, ma dove sono capitato ?
Chist' è ‘o vico ro Diavolo !                           Questo è il vicolo del Diavolo !
pensai ncap’ a mme.                                   pensai tra me e me
E cumminciai a correr’                                 e cominciai a correre
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Ero quasi asciuto arint o vico                        ero quasi uscito dal vicolo
quann’ sentiett’ na voce ‘e me chiammà:       quando sentì una voce chiamarmi:
«scetate, stai carenn’ a copp’ a seggia»        «svegliati, stai cadendo dalla sedia»
Me scetaie all’intrasatt’, tutt’ surat’                mi svegliai all'improvviso, tutto sudato
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E veriett attorn’ a mme tutti quanti:                e vidi attorno a me tutti quanti:
i duje viecchie che rirevan                             i due vecchi che ridevano
i giovane che muvevan ‘e mani                      i giovani che muovevano le mani
ma tutti teneven’ l’uocchie chius’                   ma tutti avevano gli occhi chiusi

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