Due grandi tendenze sembrano confrontarsi, fin dalle origini, nella lirica italiana, la linea sperimentale ed “espressivista” che fa capo a Dante e la linea classicista ed aristocratica che s’origina dal Petrarca. Paolo Ottaviani (nursino d’origine, perugino d’elezione) ha scelto la prima, la meno seguita. Negli ultimi anni il suo lavoro poetico si è fatto particolarmente ricco e vario. Se Geminario (2007) volutamente si connetteva, nel suo “bilinguismo”, a certe esperienze trobadoriche ed alla lirica arcaica del centro Italia, le “trecce” del suo ultimo (premiatissimo) libro sono una struttura metrica che, nel vario suo movimento, consente a Ottaviani di alternare le rime “dolci e leggiadre” a quelle “aspre e sottili”. Più di recente il nostro poeta si è cimentato con l’haiku, l’affascinante (e difficile forma) poetica d’origine giapponese che meritò l’attenzione critica di Roland Barthes. Di questa ricerca, insieme faticosa e felice, non mancherò di offrire qualche risultato esemplare nei prossimi giorni e nelle prossime settimane. Qui propongo invece una “poesia civile” di Ottaviani, inedita, una invettiva dal sapore dantesco (il Dante delle rime “chiocce”) contro le mafie. A me è sembrata molto bella. (S.L.L.)
Non alzate lo sguardo sugli ulivi
nati da putridi ventri di cagne
sepolti nei cunicoli con bibbie
e santini la terra ha mille occhi
e vi guarda la terra vi conosce
là affondano gli ulivi radici
radiose di sole cui nulla sfugge
non abbassate gli occhi sulla terra
la terra vi conosce e mai dimentica.
sono molto affascinato dal modo d'intendere la parola che domina questa poesia. la capacità di concentrare e caricare tutto il senso in singoli lessemi è cifra di un grande lavoro. un lavoro fatto con i giusti strumenti
RispondiElimina- Sebastiano Adernò -