16.10.10

"Un socialdemocratico non fugge". L'autodifesa di Rosa Luxemburg (1914)

Nel 1914 Rosa Luxemburg venne processata. Nei suoi comizi – si leggeva nell’atto d’accusa – aveva incitato i soldati alla diserzione. Nel settembre del 1913, a Bockenheim, un sobborgo di Francoforte sul Meno, aveva dichiarato in un comizio: “Se si pretende da noi che leviamo l’arma omicida contro i nostri fratelli francesi e altri fratelli stranieri, noi dichiariamo: no, non lo faremo!”. Incriminata, nel comizio tenuto durante la manifestazione di protesta, disse: “Il Procuratore di Stato ha motivato la gravità della misura della pena dicendo che io avevo voluto colpire il nerbo vitale dello Stato. Vedete, il nerbo vitale dello Stato odierno non è il benessere delle masse, non l’amor di patria, non la civiltà, no, sono le baionette… Uno Stato il cui nerbo vitale è uno strumento di morte deve essere rovesciato…”. Nel febbraio del 1914 svolgerà davanti alla II sezione permanente del Tribunale di Francoforte la propria autodifesa politica, una vera e propria requisitoria contro il militarismo che stava preparando la carneficina della Grande Guerra. Fu poi condannata e dovette sopportare un anno di prigione a guerra iniziata. Dell’autodifesa ripropongo qui la splendida conclusione, dall’edizione che nel 1995 ne fece “il manifesto”, in uno dei volumetti della collana “i grandi discorsi” che andava regalando ai lettori-sottoscrittori. (S.L.L.)
Ora voglio concludere. Una cosa soltanto vorrei rilevare ancora. Nella sua esposizione, il signor procuratore ha dedicato molta attenzione specialmente alla mia piccola persona. Mi ha descritta come un grande pericolo per la sicurezza dell’ordine statale, non ha nemmeno disdegnato di scendere a un livello volgare e mi ha chiamato la “Rosa rossa”. ha anche osato insinuare sospetti nei riguardi del mio onore personale, esponendo il timore che io fuggissi nel caso che la sua proposta di condanna venisse accolta.
Signor procuratore, non mi degno di rispondere per la mia persona a tutti i suoi attacchi: Ma una cosa voglio dirle: Lei non conosce la socialdemocrazia. (Il presidente, interrompendo: “Noi non possiamo ascoltare qui un discorso politico”). Nel 1913 molti suoi colleghi hanno lavorato in modo da riversare sulla nostra stampa un totale di 60 mesi di carcere. Ha forse sentito dire che uno solo dei condannati abbia tentato la fuga per il timore del castigo? Crede lei che questa infinità di condanne abbia portato anche un solo socialdemocratico a vacillare oppure lo abbia scosso dall’adempimento del suo dovere? Oh no, la nostra opera se ne ride di tutti i raggiri dei suoi paragrafi punitivi, essa cresce e prospera nonostante tutti i procuratori di stato!
Per ultimo ancora una parola soltanto sull’inqualificabile attacco che ricade sul suo autore. Il procuratore di stato ha detto testualmente – me lo sono annotato – che egli propone l’arresto immediato perché “sarebbe inconcepibile che l’accusata non tentasse la fuga”.
Ciò vuol dire in altre parole: se io, procuratore di stato, avessi da scontare un anno di carcere, io tenterei la fuga. Signor procuratore, le credo, lei fuggirebbe. Un socialdemocratico non fugge. Egli conferma i suoi atti e se ne ride dei suoi castighi. E adesso mi condannino 

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