14.11.10

Il cattolicesimo e la monarchia inglese (di Richard Newbury)

Su "La Stampa" del 9 settembre, occasionato dall'imminente visita del papa tedesco, trovo un articolo di Richard Newbury, che mi pare ottimamente divulgare le complesse relazioni tra cattolicesimo e monarchia inglese a partire dal Cinquecento che ne è la fase fondante. Le immagini dei sovrani qui riprese rappresentano le fasi di questo processo. Dopo l' Atto di Supremazia del 1534 promosso da Enrico VIII, che dichiarava il sovrano capo della Chiesa, vi fu con Maria I (Bloody, "la sanguinaria") un tentativo di restaurazione cattolica con una feroce persecuzione dei Protestanti (300 eretici bruciati vivi). E' la grande Elisabetta a delineare la fisionomia della Chiesa nazionale, dandole un indirizzo vicino al Protestantesimo, soprattutto sulle questioni della "libera interpretazione" dei testi sacri. Giacomo I, dopo una fase di tolleranza dovuta anche alla sua infanzia cattolica, promulgò, dopo la scoperta di un complotto, una serie di misure contro i "papisti". (S.L.L.)



Dal divorzio di Enrico VIII cinque secoli di diffidenza.
L'identità britannica si è forgiata anche nella lotta delle potenze cattoliche

La regola della buona società britannica è non parlare mai di religione, politica e donne. Argomenti controversi che rischiano di portare allo spargimento di sangue.
Tacere non significa assentire. La tolleranza indifferente resta la principale reazione inglese, come nel caso dell'omosessualità. L'importante e' che le scelte individuali non diventino obbligatorie per gli altri.
E' qui che cominciano i problemi. Mentre, nel 1685, Luigi XIV operava una pulizia confessionale della Francia in nome del principio «Un roi, une foi, une loi», un re, una fede, una legge, spingendo 300 mila banchieri, industriali, artigiani, editori e generali ugonotti a cercare esilio in Inghilterra, il filosofo whig lord Shaftesbury scriveva: «Tutti gli uomini saggi appartengono alla stessa religione. Quale? Gli uomini saggi non lo dicono mai». Nel 1726-28, durante l'esilio in Inghilterra, Voltaire scrisse: «In Francia c'e' un'unica religione e 100 salse, in Inghilterra un'unica salsa e 100 religioni». Includendo naturalmente l'1% dei sudditi di Sua Maestà che, come il poeta Alexander Pope, erano rimasti cattolici fedeli alla Chiesa di Roma.
Dai tempi della Riforma il grido di battaglia non fu «No al cattolicesimo», bensì «No Popery», no al papismo. Se «Puritano» era il nome offensivo per coloro che invocavano una forma «più pura» di calvinismo nel protestantesimo inglese, «papista» era l'orribile soprannome dei sostenitori di quello che veniva visto come il totalitarismo romano che ambiva a sovvertire il protestantesimo, il Parlamento e le libertà della Common Law. L'identità inglese è stata forgiata dall'opposizione prima all'Invincibile Armada e all'assolutismo spagnolo, e poi al Re Sole dei Borboni. Nel 1707 l'Atto di unione tra i Parlamenti dell'Inghilterra anglicana e della Scozia presbiteriana ha dato vita al Regno Unito in nome della lotta all'assolutismo francese, la cui ideologia deviata veniva identificata con il cattolicesimo romano, forgiando una comune identità della britannicità protestante. La disperata povertà dei contadini cattolici irlandesi, e il sostegno che successivamente dettero agli invasori spagnoli, francesi e tedeschi, non ha fatto che confermare il pregiudizio britannico verso i cattolici.
La rottura con Roma con l'Atto del Parlamento nel 1534 ha trasformato la Manica in un fossato che separava l'Inghilterra da Roma nella stessa maniera in cui l'Islam tagliava in due il Mediterraneo. La Riforma inglese era davvero «uno scisma basato sul divorzio»? Per ironia della storia, è stato proprio il successo del cardinale Wolsey nell'unire per la prima volta la Chiesa cattolica inglese sotto il suo potere centralizzato di legato del Papa ad accendere la miccia e rendere possibile la Rottura con Roma, piuttosto che il suo fallimento nell'assicurare il rispetto delle formalità nel divorzio di Enrico VIII da Caterina d'Aragona. Dopo tutto, il nipote della regina, Carlo V, teneva il Papa prigioniero. Wolsey era il primo cardinale della storia inglese e il primo legato dai tempi della Magna Carta del 1215. All'improvviso il potere e la tassazione papale - entrambi mai esercitati prima - diventavano una realtà che sfidava la sovranità dell'Inghilterra. Questo contribuì non solo a rendere il fino ad allora lontano papato bersaglio principale dell'anticlericalismo, ma a diffondere il luteranesimo tra l'élite, incluso il segretario dello stesso Wolsey, Thomas Cromwell, che alla morte del cardinale suggerì a Enrico VIII di avocare al sovrano i poteri papali che in quanto legato aveva esercitato per la prima volta nella storia inglese. E proprio qui si nascondeva la differenza tra le «Chiese nazionali» istituite in Spagna, in Francia oppure, almeno come tentativo, in Germania. Il protestantesimo non era un evento, bensì un processo, incentrato sul perdono dei peccati grazie alla fede unicamente nel potere di redenzione della morte e della resurrezione di Gesù, e nelle Scritture, «il verbo mediato dallo Spirito Santo», come lo definiva Calvino supponendo che lo Spirito Santo si esprimesse attraverso un voto di maggioranza nel Sinodo. Niente più messa, niente più Santa Madre Chiesa che intercede tra uomo e Dio, e soprattutto niente vescovo di Roma come vicario di Cristo, una pretesa che alla fine ha portato i protestanti a considerare Sua Santità come l'Anticristo.
Il figlio di Enrico, Edoardo VI, cercò di avvicinarsi al calvinismo ginevrino, mentre Bloody Mary, che sposo' suo cugino, Filippo II di Spagna, divenne una reclutatrice di protestanti bruciandone 300, tra cui l'arcivescovo di Canterbury, come «eretici».
Fu la Regina Vergine a riuscire finalmente a trasformare un regno prevalentemente cattolico in uno protestante. «Perchè Sua Maestà Filippo non puo' permettere ai suoi sudditi di andare all'inferno nel modo che preferiscono?», chiese Elisabetta I all'ambasciatore spagnolo, con una simpatia tutta inglese verso la libertà di scelta. Nel 1570 una «fatwa» papale, la bolla «Regnans in Excelsis» (tuttora in vigore), esortò i cattolici a uccidere Elisabetta, e diversi gesuiti - gli unici cattolici condannati a morte in Inghilterra, non in quanto eretici, ma in quanto traditori - cercarono di portare a compimento questo piano. L'attentato progettato da Guy Fawkes per annientare tutto il corpo politico durante il discorso inaugurale al Parlamento di Giacomo I, nel 1605, confermo' tutti i pregiudizi anti-papali degli inglesi, che per secoli hanno bruciato ogni anno il pupazzo di Fawkes (e qualche volta del Papa). Ma l'ultima generazione politicamente corretta ha ribattezzato la festa «Notte dei fuochi d'artificio». E così anche il Papa - le cui idee sociali conservatrici sono state criticate pubblicamente da Brown, Clegg e Cameron - forse ormai non corre rischi a visitare le sacre laiche coste inglesi.

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