9.11.10

La fiaschetta di Leone XIII (di Massimo De Feo)

Da La Talpa de "il manifesto" di giovedì 23 maggio 1991, dal titolo O la forma o la vita, ho recuperato la prima parte di un articolo di Massimo De Feo, dedicato a uno dei mezzi, tuttora molto in voga, per "tirarsi su".
“Attenta a te, mia principessa, quando arriverò. Ti bacerò fino a farti arrossire e ti nutrirò fino a farti diventare bella grassa. E se sarai ardente, vedrai chi è il più forte. Se la piccola dolce fanciulla che non vuole mangiare o il grosso omaccione con la cocaina in corpo…”. Chi è questa specie di assatanato, forse Diego Maradona? No è Sigmund Freud in una lettera alla sua fidanzata, missiva in cui spiega tra l’altro come “durante la mia ultima grave crisi depressiva ho preso ancora la cocaina, una piccola dose mi ha portato in alto in maniera meravigliosa. Sono indaffarato a raccogliere la letteratura per un peana in onore di questa meravigliosa sostanza”.
L’entusiasmo del padre della psicoanalisi per “questa divina pianta che sazia gli affamati, rinforza i deboli e fa loro dimenticare le proprie disgrazie” (è sempre Freud che scrive) era già condiviso, 3000 anni prima di Cristo, dalle popolazioni delle Ande centrali. In epoca più recente la quarta regina Inca veniva chiamata “Mama Coca”. In tempi ancora più vicini, nel 1863, un corso residente a Parigi, Angelo Mariani, lancia il “vino Mariani alla coca” (predecessore della Coca Cola e della Coca Buton) per la delizia di gente come Thomas Alva Edison, Jules Verne, Emile Zola, Henrik Ibsen, Sarah Bernhardt, i musicisti Gounod e Massenet, lo zar di tutte le Russie, il principe di Galles… e a questo punto un altro aficionado di quel vino, papa Leone XIII, decide che Angelo Mariani è un benefattore dell’umanità: gli conferisce una medaglia d’oro, si fa vedere in giro con una fiaschetta del prodigioso elisir alla cintura, ammette di buon grado di essere sostenuto nei suoi ritiri spirituali dai prodotti Mariani alla coca.

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