9.11.10

Belli, Tripisciano e il cavaliere (di Leonardo Sciascia)

Roma. Il monumento al Belli. Opera di Michele Tripisciano.
Non abbiamo nessun debole per i tanti monumenti che ingombrano le piazze d’Italia, ma quando ci troviamo a passare per piazza Sonnino, un’occhiata al monumento a Belli la diamo volentieri. Per due ragioni. Perché, bene o male, c’è “lui”; e perché autore del monumento è Michele Tripisciano. Questa seconda ragione è soltanto personale: qualcosa di vago, una screziatura sentimentale, una musicale memoria di giorni lontani.
Michele Tripisciano nacque a Caltanissetta. E a Caltanissetta noi abbiamo fatto, come si dice (e si dice per dire), i nostri studi. Per anni, quotidianamente, il busto in bronzo di Tripisciano, tra i pochi alberi intristiti dal gelo, ci guardò passare con i libri sotto il braccio; e negli intervalli, uscendo nella piccola piazza, sotto i suoi occhi fumavamo la mezza sigaretta, in attesa che il suono del campanello ci richiamasse in aula. Ricordiamo la tristezza, la solitudine di quel busto nelle rare giornate di neve; il sole d’inverno nella piazzetta. E la primavera, le ragazze…
Caltanissetta è una città di provincia; ma con un suo carattere particolarmente simpatico e aperto. Tagliata in croce da due arterie dignitose e insignificanti, ha nel suo centro, tra caffè circoli e tabaccherie, una tranquilla congestione di vita: un passeggio fitto e lento, come una fiumana che poi sfocia in un ampio e ventoso viale.
Brancati, che per un paio d’anni insegnò a Caltanissetta, ne fissò emblematicamente alcune immagini: e, tra queste, le mosche dell’Hotel Mazzone. Baldini colse invece, in una pagina mirabile, un aspetto eccezionale: la festa del Giovedì Santo. E veramente Caltanissetta è un luogo che sembra fatto apposta per tutti e due: per gli indugi e i vagheggiamenti di Baldini e le satire e le beffe di Brancati. Solo che Baldini non ebbe tempo di accorgersene. Ma Tripisciano? Ecco: Tripisciano vi nacque; e si sa che nessuno può scegliere il luogo dove nascere.
Vi nacque come poteva nascere a Reggio di Calabria o d’Emilia. Figlio di povera gente (in questi casi si ripete ed invera il mito di Giotto che pascolava le pecore: è di rigore), fu il barone Lanzirotti che, in vena di mecenatismo, lo mandò a studiare scultura nel romano Ospizio di San Michele. Fece dei progressi, ebbe buon successo. Monumenti da lui scolpiti si trovano un po’ ovunque, da Terracina a Buenos Aires, da Marino a Chicago. Premi e decorazioni non gli mancarono.
Quando nel 1913, attraverso un concorso burrascoso, ebbe l’incarico di scolpire il monumento a Belli, era già scultore famoso. Fu l’ultimo suo lavoro.
Il 4 maggio dello stesso anno il monumento si inaugurava. Il 21 settembre Tripisciano moriva. Il 23, nella piazza San Domenico di Caltanissetta, il Cav. Avv. Giuseppe Geraci recitava un ispirato elogio funebre dello scultore. Il Cavaliere era stato un ammiratore indefesso del Tripisciano.
Ecco un suo sonetto dedicato “A Michele Tripisciano pel monumento a Belli”:

Roma rivede il genial Poeta,
Che i vizi del suo tempo e la vergogna,
Mercé una rima in apparenza lieta,
Condannava alla sferza ed alla gogna.

Il Popolo l’ammira e se ne allieta,
Forse perché esso ingenuamente sogna
Che ritorni la satira irrequieta
Opportuna in quest’ora di menzogna.

Io te saluto, o Tripisciano artista
Ormai provato a scoperchiar gli avelli
Ed a ritrarre i già sepolti in vista,

Che il tuo genio nel marmo hai così impresso
Che pur mirando ad eternare il Belli,
Sei riuscito a immortalar te stesso!

Quante cose ci sono dentro quattordici versi! C’è addirittura un ritratto vivo e parlante del Cavaliere. Sappiamo tutto di lui: come leggeva Belli, che aveva un grande rispetto per il Popolo e per i Poeti, che si sentiva malinconicamente “nato troppo tardi”. In fondo anche lui, mirando ad eternare Tripisciano, è riuscito a immortalare se stesso.

“Lazio ieri e oggi”, fascicolo XXV -1989.

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