26.12.10

Auguri. L'articolo della domenica.

La mancata caduta del governo, il 14 dicembre, ha avuto come conseguenza quasi inevitabile l’aprirsi di  lacerazioni tra gli oppositori di Berlusconi, che né la nascita di una sorta di rassemblement  centrista né le confuse iniziative del Pd riescono a frenare. L’arrogante conferenza stampa di fine anno del Cavaliere che conclude (per ora) una incessante serie di smargiassate e maramaldeggiamenti ci informa tra l’altro che oggi, per il cosiddetto allargamento della maggioranza, è oggetto di attenzione anche il gruppo di Rutelli. Nello stesso tempo entra in crisi il partito di Di Pietro: i violenti (e, in genere, giustificati) attacchi al ducetto di Arcore non gli bastano più a mantenere compatto una formazione politica il cui quadro dirigente, a tutti i livelli, è stato costruito con acquisizioni eterogenee di personaggi non sempre limpidissimi.
Il peggio di sé sembra darlo tuttavia il Pd. Il partito guidato da Bersani avrebbe in un momento come questo, in cui elezioni imminenti restano comunque probabili, un ruolo decisivo di organizzazione e di raccolta delle forze di opposizione, ma torna invece a manifestare la sua natura di aggregazione nata da escogitazioni tattiche, priva di anima e di missione storica. Particolarmente nefasti, in questa fase appaiono, i gruppi di D’Alema e Veltroni, che ammanicatissimi con centri di potere finanziario, speculativo, mediatico, continuano a proporre nuove svolte a destra sul terreno programmatico e delle alleanze. Divisi negli interessi che difendono, nelle cordate che proteggono, i due sono stranamente uniti nell’impedire la svolta programmatica a sinistra che sarebbe necessaria per trovare sintonia con una opposizione sociale che tende a crescere e nell’invocare una sorta di berluscon-leghismo temperato. Reggono i metalmeccanici della Fiom ai ricatti di Marchionne, resta in piedi il movimento studentesco anti Gelmini, non demorde il popolo abruzzese delle carriole, si rilanciano le lotte per l’acqua pubblica e i beni comuni; ma i discorsi di molti capi piddini continuano ad alludere a privatizzazioni, a riforme taglia diritti, a una produttività ottenuta esclusivamente a scapito dei lavoratori. Regge Vendola e la sua richiesta di un dibattito aperto sulle scelte dell’opposizione con il meccanismo delle primarie, ma quelli che ieri le ritenevano una conquista epocale, un fattore essenziale di democrazia, oggi si arrampicano sugli specchi per giustificarne la soppressione. Io non amo le primarie per l’elemento leaderistico che è ad esse connaturato e non mi piace l’enfasi con cui Vendola ne parla; ma nel contesto dato mi paiono l’unica occasione per confrontare progetti, programmi, profili ideali e culturali. Proprio per questo da qualche parte le si teme e si tenta di impedirle con trabocchetti d’ogni tipo. Insomma, per dirla con un’espressione umbra, gli atti non son belli. Pure qualcosa ci dice che sotto la crosta della politica politicante, dentro la crisi che continua a macinare diritti e redditi popolari, qualcosa si muove: si avverte per esempio un lento rinascere nelle nuove generazioni della fiducia nell’azione collettiva . Auguri, dunque. Ne abbiamo  un gran bisogno. 

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