Kanihua |
Così la signora Rosario Rejas, che “ha il volto scolpito delle contadine andine e un'età che è difficile da definire” ed ha “in testa il cappello che sugli altipiani serve per ripararsi dal sole e addosso un vestito multicolore che ai raggi di quel sole si ispira”, incontrata dal cronista allo stand dei presidi sudamericani. Parla della kanihua: «E' un grano molto leggero - spiega cercando di italianizzare lo spagnolo. - Ma riesce a dare ''fortaleza'' alle persone deboli. A coltivarlo siamo rimaste solo 22 famiglie. Grazie a Slow Food abbiamo creato un presidio e qui cerchiamo di farlo conoscere».
L'etiope Malebo Mancha Maze, rappresentante degli agricoltori di lingua gamo, inizia il suo discorso a Terra Madre benedicendo i partecipanti con l'erba verde delle sue montagne: «Se vogliamo mantenerci in vita e poter mangiare dobbiamo saperci abbracciare tutti».
Ma Albina Morilova, della comunità Kamchadal, nella Kamchatka, riconduce ad una realtà conflittuale e a uno scontro radicale di “sistema”: «Le grandi aziende pescano tutto; prendono il caviale per guadagnare soldi, lasciando i rifiuti e gli scarti del pesce sulle coste dei fiumi e dell'oceano. A loro non interessa se il pesce risalirà i nostri fiumi anche l'anno prossimo, a loro non interessa per niente il futuro». “A loro non interessa il futuro” – forse è lo slogan che ispira oggi come ieri i potenti del capitalismo internazionale. Se li si vuol combattere, per conservare alla specie il sol dell’avvenire, quello della alimentazione e dell’agricoltura, sotto tutti gli aspetti, è un terreno di confronto assai importante. (S.L.L.)
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