13.1.11

Il planisfero di al-Idrisi, il libro di Ruggero e la storia della cucina (di John Dickie)

Sul libro di Ruggero ho già proposto una nota di Leonardo Sciascia (http://salvatoreloleggio.blogspot.com/2011/01/dai-quaderni-di-leonardo-sciascia-il.html).
In maniera più particolareggiata parla di quel libro (il cui titolo originale è Diletto di chi è appassionato per le peregrinazioni attraverso ilo mondo) come del planisfero cui si collega John Dickie nel suo Con gusto. Storia degli italiani a tavola (Laterza 2009), un libro che non mi stanco di consigliare per le qualità dell'indagine e la sapidità della scrittura. Ne ho tratto il brano che segue. Le ragioni per cui il libro commissionato dal re normanno di Sicilia rientri tra le fonti di una storia della cucina e della gastronomia le espone con chiarezza lo storico inglese alla fine di esso.
La Sicilia e il Sud d'Italia in una mappa di al-Idrisi.
Rispetto all'uso attuale la carta appare capovolta e un po' distorta.
La mappa di al-Idrisi capovolta per facilitarne la lettura

Il planisfero doveva apparire un prodigio a quegli uomini che per primi ci misero gli occhi sopra, nell’anno dell’Egira 548 (il 1154, secondo il calendario dei re cristiani): un disco perfetto di argento massiccio di quasi due metri di diametro, pesante come due uomini. La superficie levigata riportava incisi i contorni del mondo abitabile: all’epoca era la mappa più completa che fosse stata mai creata.
L’aveva commissionata, all’apice del suo potere, Ruggero II. Con i suoi nemici sconfitti o tramutati in alleati, il re normanno diede libero sfogo alla sua sete di conoscenza (conoscenza non del solo regno, ma del mondo intero): mandò a cercare il più illustre geografo del tempo, al-Sharif-al-Idrisi, e gli offrì una fortuna per realizzare un’indagine cartografica che superasse ogni altra conosciuta. Al-Idrisi per quindici anni studiò, esplorò, consultò altri viaggiatori. Con un grande compasso di ferro tracciò coscienziosamente longitudini, latitudini e distanze su un tavolo da disegno. Quando ebbe finito i più abili argentieri del regno furono incaricati di trasferire i contorni tracciati da al-Idrisi su un disco d’argento appositamente forgiato…
Sul planisfero erano incisi tutti e sette i mari e tutti e sette i climi dell’emisfero boreale, con i nomi dei paesi, delle città, dei porti e dei fiumi in eleganti cartteri arabi. chiunque non si accontentasse di fissare attonito il mondo dispiegato in tal modo ai propri occhi poteva consultare il grande testo di geografia compilato dallo stesso al-Idrisi, conservato accanto al planisfero e intitolato Diletto di chi è appassionato per le peregrinazioni attraverso il mondo. Le sue pagine contenevano informazioni sui costumi, i prodotti, il commercio, la lingua  ele caratteristiche di tutte le località riportate sul planifero.
La maggior parte di coloro che videro per primi la mappa di argento di al-Idrisi soffermarono il loro sguardo in particolare sull’estremità occidentale del quarto clima, dove campeggiava la Sicilia (o Siqiliah, per i tanti arabofoni che consideravano la Sicilia come loro patria. La Sicilia era conosciuta in tutto il mondo per la fertilità delle sue terre e l’eccellenza delle sue mercanzie. La più importante fra le 130 città e castelli dell’isola era Palermo, “città tanto prestigiosa quanto immensa, che domina quale grandioso ed eccelso pulpito, le città del mondo intero”, come proclamava il libro di al-Idrisi. Solo Bagdad poteva paragonarsi a Palermo, che sorgeva sulla riva del mare nella parte occidentale dell’isola, protetta da un anello di montagne. I suoi due quartieri principali erano attraversati da canali e circondati da frutteti e ville irrigati da sorgenti copiose. Accanto al porto sorgeva il quartiere conosciuto con il nome di al-Alisah (l’eletta), perché era qui che un tempo risiedeva l’emiro. L’altra parte della città, Qasr (il Cassero), era una lunga penisola gremita di “palazzi imponenti ed edifici eccelsi e dignitosi, come numerose moschee, fondachi, terme e botteghe di grandi mercanti”; i suoi molti giardini erano irrigati da canali di acqua dolce fatti scendere dalle montagne. Nel punto più alto di Qasr, e più distante dal mare si ergeva l’antica fortezza, poco tempo prima corredata di una nuova e magnifica cittadella. In una delle sue sale decorate con sculture, dipinti e calligrafie di squisita fattura era conservato il planisfero…
Al-Idrisi era nato in quello che è oggi il Marocco, e aveva ricevuto la sua istruzione probabilmente nella Spagna araba.. Era di famiglia illustre: il suo lignaggio risaliva addirittura ai aprenti diretti del Profeta. Oltre che come geografo era farmacologo e medico: insomma una vedette dell’intellighenzia internazionale. Le fonti pervenute fino a noi ce nedanno però un’immagine nebulosa, forse perché le generazioni successive di studiosi islamici hanno cancellato la sua memoria, in ragione del fatto (se questa teoria è corretta) che al-Idrisi era alle dipendenza di un infedele…
Il planisfero era un elemento della politica di Ruggero, che puntava ad affermare la propria autorità in tutte le lingue e forma artistiche possibile. L’opera di al-Idrisi aveva anche un altro scopo, quello di proclamare l’opulenza della Sicilia normanna. Un importante retaggio della tradizione islamica erano gli ingredienti culinari: portando nell’isola moderne tecniche di irrigazione nate in Medio Oriente, i nordafricani che arrivarono inizialmente in Sicilia, nella seconda metà del IX secolo, diversificarono l’agricoltura trasformandola completamente. La Sicilia tramandata ai posteri da al-Idrisi era un’isola di frutteti e giardini scrupolosamente irrigati, dove generazioni di competenze tecniche e abilità commerciali arabe avevano lasciato in eredità ricche coltivazioni di limoni, mandorle, pistacchi, canna da zucchero, datteri, fichi, carrube e altro ancora.
E’ impossibile immaginare la cucina siciliana contemporanea senza quei prodotti di cui al-Idrisi e re Ruggero andavano giustamente orgogliosi. Basterebbe questo a garantire al grande geografo arabo un posto d’onore nella storia della cucina italiana.

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