Il Taccuino di viaggio nell'Unione Sovietica di Italo Calvino (ora nel volume Saggi dei Meridiani di Mondadori) nacque come reportage per "l'Unità". Lo scrittore sanremese vinse grazie ad esso il Premio Saint Vincent per il giornalismo nello stesso anno di pubblicazione, il 1952. Calvino discute di questa sua operetta in un suo articolo "autocritico" su "la Repubblica" del 21 dicembre 1979, rimproverandosi di aver dato troppo risalto a momenti rasserenanti, a osservazioni minime sulla vita quotidiana, di aver rivestito di una maschera melliflua la tragedia storica in atto, una pratica tipica dello stalinismo. (S.L.L.)
Il teatro Boscioi a Mosca nel 1947, |
Per la strada
Cos’ha questa gente di così diverso dall’altra gente che stasera passa per le vie del centro di Milano, di Vienna o di Parigi? Alla prima occhiata, capisco subito che qui c’è una società diversa, sento la presenza d’un elemento nuovo: l’uguaglianza. Non l’uniformità, sono tipi molto diversi uno dall’altro; ma l’uguaglianza: non siamo nella «via dei ricchi» né nella «via dei poveri», non posso fare i conti in tasca alla gente vedendola passare.
Al Bolscioi
Nella stessa fila di poltrone puoi vedere una signora vestita con cura e distinzione e semplice buon gusto, un uomo col giubbotto con le cerniere lampo che certo è uscito di fabbrica mezz’ora fa, una donnona dipinta con l’abito da sera e i gioielli. Nessuno – questo è il punto – ha l’aria di sentirsi a disagio rispetto agli altri; né perché è vestito troppo male, né perché è vestito tropo bene. Ecco che vengo precisando quell’impressione di «uguaglianza» che ho avvertito ieri: «uguaglianza» vuol dire sentirsi sempre a proprio agio, di fronte a chicchessia.
Al museo Lenin
I musei hanno in U.R.S.S. una funzione di primo piano nella cultura di massa, sono intesi non in mera funzione di raccolta documenti e cimeli, ma in funzione didattica. Seguiamo la vita e l’opera di Lenin attraverso fotografie, autografi, giornali, libri, frasi dai suoi scritti. C’è in questa cura affettuosa e precisa a serbare e valorizzare tutto ciò che di lui si possiede, un’eco dello sgomento senza fine al pensiero che una testa come quella di Lenin abbia cessato di esistere. E mai popolo ha tributato a un suo intellettuale, a un suo capo un omaggio come questo, che non ha nulla della venerazione religiosa. Il segreto di questo attaccamento non sta soltanto nella coscienza storica del valore di Lenin; sta anche nel fondo sentimentale, affettuoso del popolo russo: ho visto due vecchi contadini, arrivati alla sala dedicata alla morte di Lenin, tirar fuori il fazzoletto e asciugarsi le lacrime.
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