20.2.11

Razzismo quotidiano. Chi vigila sul vigile?

Dalla rivista del centro studi Pio La Torre di Palermo "asud'europa, V, 5" del 14 febbraio 2011,estraggo questa pagina di cronaca. Un notizia come tante. Per riflettere su questo tempo sbandato. (S.L.L.)
Gli sequestrano la merce nonostante la licenza.
Marocchino si da fuoco per protesta a Palermo.
Li ha implorati in ginocchio di lasciarlo lavorare in pace, di non sequestrargli la merce che stava vendendo ai bordi della strada: capellini, occhiali da sole, sciarpe e cinture. Povere cose che rappresentavano il suo “tesoro”, l'unica fonte di sostentamento per lui e la sua famiglia rimasta in Marocco. Ma la pattuglia della polizia municipale non ha voluto sentire ragioni. Così di fronte a quegli uomini in divisa che ancora una volta si mostravano inflessibili, Nourredine Adnane, 27 anni, ha perso la testa: si è cosparso il corpo di benzina, ha preso un accendino e si è dato fuoco. In un attimo il suo corpo è stato avvolto dalle fiamme. Quel ragazzo marocchino adesso è in fin di vita. Faceva l'ambulante in via Ernesto Basile, a due passi dalla cittadella universitaria di Palermo dove tutti gli studenti lo conoscevano con il soprannome di «Franco».
Nella sala d'aspetto del reparto Grandi ustioni dell'ospedale Civico, dove il giovane è ricoverato in gravissime condizioni per le bruciature di terzo grado riportate sull'80% del corpo, il padre Miloudi, di 52 anni, è disperato. Piange in silenzio, senza dire una parola.
Anche lui fa il venditore ambulante, insieme all'altro figlio Mustafà, di 23 anni. «È stato lui a farci venire in Italia - racconta il fratello Mustafà, con gli occhi pieni di lacrime -. Era arrivato come clandestino nel 2002 dalla Spagna, ma dopo un anno aveva già regolarizzato la sua posizione e ottenuto la licenza. Così siamo arrivati a Palermo anche io, mio padre e un altro fratello, mentre in Marocco sono rimasti mia madre con gli altri cinque figli più piccoli».
Anche la moglie di Nourredine, Hadja di 21 anni, e la figlia di tre, Attica, vivono in Marocco. I familiari non hanno ancora trovato il coraggio di dire loro quello che è accaduto. Non era la prima volta che «Franco», venditore ambulante extracomunitario ma con regolare licenza, subiva i controlli della Polizia Municipale. L'ultimo di tre verbali di contestazione risale a martedì scorso: i vigili urbani gli avevano intimato di «allontanarsi di 500 metri», perché non poteva sostare a lungo nello stesso punto. Ieri l'ennesimo sopralluogo, con il sequestro della merce. «Si trattava di un controllo di routine - dice un funzionario della polizia municipale arrivato in ospedale con due agenti - che svolgiamo di frequente. Quel tipo di licenza, come prevede una legge regionale e il regolamento del Comune, non permette infatti di stazionare per più di un'ora nello stesso luogo».
Ma gli esponenti della comunità marocchina, che affollano la sala d'aspetto dell'ospedale con in mano il corano, denunciano quella che definiscono una vera e propria«persecuzione» nei confronti del loro connazionale: «Era già stato controllato altre cinque volte questa settimana - dice Zaher Darwish, responsabile immigrazione della Cgil di Palermo -. C'è un clima intimidatorio
insopportabile nei confronti degli immigrati. Alcuni di loro ci hanno riferito che i vigili ammanettano gli ambulanti, li caricano in macchina e fanno un giro dell'isolato, poi requisiscono la merce senza neanche fare il verbale».
Accuse respinte dalla Polizia Municipale, che tuttavia – come spiega il funzionario che però non rivela la sua identità - «sta collaborando con l'autorità giudiziaria per fare chiarezza sulla vicenda». E anche il sindaco di Palermo Diego Cammarata, che nel pomeriggio è andato a far visita in ospedale all'ambulante marocchino, si dice «profondamente addolorato».
Intanto, sotto la tenda sterile di una corsia d'ospedale, Nourredine «Franco» continua a combattere la sua ultima battaglia contro la morte, dopo avere lottato inutilmente per riuscire a guadagnare 30 euro al giorno da mandare in Marocco alla moglie e alla figlia.

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