28.5.11

Lotti e la Libia. L'indecente latitanza dei pacifisti("micropolis on line", 25/5/11)

Mentre a Tripoli è stato, nella notte scorsa, scatenato un inferno dai bombardatori franco-anglo-italiani, con morti a decine, di tutte le età, assistiamo attoniti all’indecente silenzio e all’altrettanto indecente latitanza della Tavola della Pace. Eravamo tentati di titolare questo pezzo Chi l’ha visto? e accompagnarvi una foto di Flavio Lotti. Ma Lotti non è scomparso e una ricerchina nella Rete ci consente persino di seguire i suoi percorsi.
Chi è l’omino di cui parlo? Presto detto. E’ pacifista fin dalla giovinezza, si proclama addirittura nonviolento e credo che tanti anni fa abbia fatto obiezione di coscienza con qualche personale disagio. Ormai da qualche decennio tuttavia per Lotti il pacifismo è diventato un mestiere. La Provincia di Perugia si è assunta l’onere del supporto logistico-organizzativo degli Enti Locali per la Pace e lui, da funzionario retribuito nei ruoli della Provincia, li coordina.
La Tavola della Pace  (il network di associazioni, ordini religiosi, conventi, parrocchie, comuni, province, gruppi che aspira a coordinare il mondo pacifista e organizza la Marcia Perugia-Assisi) lo ha poi  nominato suo portavoce. Di tanto in tanto qualche giornalista lo definisce il “capo dei pacifisti italiani”: Lotti non smentisce, anche se in privato si schermisce e rifiuta la qualifica.
Che cosa ha fatto Flavio Lotti da quando su Tripoli piovono le bombe che i civili, compresi bambini e vecchi, li ammazzano piuttosto che proteggerli, svelando la schifosa ipocrisia dei nostri politicanti e del nostro sistema mediatico? Che cosa continua a fare mentre a Tripoli si scatena l’inferno?
Il 15, 16 e 17 aprile, alla Pro Civitate di Assisi coordinava il Seminario di preparazione per la pace, la libertà i diritti umani, in preparazione Perugia-Assisi del 25 settembre, marcia del cinquantenario, cui parteciperanno “1000 giovani per la pace”, in prevalenza scolari accompagnati dai loro insegnanti, con l’autorizzazione del preside (o del dirigente, come si chiama adesso).
Il 5 maggio era a Predappio (sì, proprio a Predappio!), dove insieme a laici e sacerdoti ricordava La Pira e Capitini, in un evento sponsorizzato dagli amministratori di colà, nel quale, tra concerti, spettacoli e dibattiti, si presentavano i lavori degli scolari impegnati in esperienze di educazione alla pace.   
Ieri, 24 maggio, mentre il Piave mormorava calmo e placido, come fa quasi sempre in questa stagione, il Lotti era nel Milanese ove il Coordinamento “La pace in Comune”, in collaborazione con le Acli e le Diocesi ambrosiane, aveva organizzato l’iniziativa Vuoi la pace?Pedala.
Di che si tratta? “Un percorso verso la piazza del Duomo di Milano, dove alle 12 il sagrato si è colorato con la bandiera della pace formata dalle magliette di tutti i partecipanti arrivati dall’hinterland, da Corbetta a Garbagnate, da Cinisello a Vimercate”. Vi partecipano “scout, famiglie, persone sensibili alla grande motivazione della biciclettata”.
Lo si può leggere in un sito semiufficiale del Comune di San Donato Milanese, ove lì a fianco si può apprendere che “bisogna fermare la follia della guerra” e subito dopo, a scanso di equivoci, ci si spiega che gli “attacchi dal cielo e dal mare”, le “piogge di missili sulle coste libiche” sono  “per costringere Muammar Gheddafi a cessare il fuoco e a porre fine alle violenze contro i civili”. Insomma morte e rovina per fermare la follia.
“Hanno fatto un deserto e l’hanno chiamato pace” – scrisse Tacito, tanti anni fa. Magari i “pacifisti” del milanese sperano che il 25 settembre, giorno della Marcia della Pace, le bombe a grappoli e all’uranio impoverito abbiano già “pacificato” la Libia e non guastino la festa della Rocca sul Subasio.
A San Donato, comunque, intorno alle dieci, i pacifisti in bicicletta sono stati ristorati dagli Alpini (sì, proprio dagli Alpini!); in piazza  Duomo hanno realizzato la “bandiera umana arcobaleno” e ascoltato “numerosi interventi tra cui quello di Flavio Lotti, coordinatore nazionale della tavola della pace”. Non ci meravigliamo punto della presenza di costui all’ambigua manifestazione. I datori di lavoro di Lotti, gli amministratori locali e i loro partiti, si sono tutti convertiti alla “guerra umanitaria” e Lotti deve abbozzare e sopportare anche lui, non violento, la violenta “pacificazione” voluta dalla Nato.
Notiamo semmai la differenza con una decina di anni fa: prima Lotti e la Tavola della Pace sui bombardamenti a Belgrado tennero il punto contro D’Alema; poi sull’Afghanistan e l’Iraq rifiutarono i contorsionismi dei Ds e seguirono la linea della “pace senza se e senza ma” (il felice e fortunato slogan di Sergio Cofferati). Ma allora, se non altro, c’era una più evidente simpatia del mondo cattolico per le rivendicazioni pacifiste. Oggi, invece, sia “Avvenire” che “Famiglia cristiana” sui bombardamenti in Libia (a meno che il bombardatore non sia Gheddafi) sono molto tiepidi e non si sentono i pronunciamenti pacifisti del papa, dei priori, dei cardinali.
Forse c’è bisogno di un nuovo pacifismo, totalmente autofinanziato e libero da condizionamenti, che non abbia più bisogno dell’autorizzazione del sindaco, del vescovo o del preside. Com’era quello di Capitini, del resto.

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