25.6.11

Anna e Fabio. L'anarchica e il socialista (di Leda Rafanelli)

Di Leda Rafanelli (Pistoia 1880 – Genova 1971), anarchica toscana, giornalista, editrice, romanziera e memorialista, la vicenda biografica più nota è la relazione con Benito Mussolini negli anni 1913-1914, che taluni ritengono soltanto politica e altri vorrebbero anche sentimentale. 
Per i pornografi alla Vespa pare che sia interessante stabilire se i due si divertissero insieme con il sesso, quante volte nella vita e se la cosa avvenisse occasionalmente o fosse collegata a un trasporto spirituale di tipo amoroso, per noi no. Quel che importa è che Rafanelli capì in breve tempo la pochezza umana del futuro “duce” e la rappresentò nel personaggio di Lorenzo Allevi del romanzo Incantesimo scritto nel 1917, ma stampato nel 1921 nel vivo dell’ascesa squadristica.
Leda era stata a Milano una delle “tre erinni dell’anarchia” (con Nella Giacomelli e Maria Rygier) e lì aveva fondato la Società Editrice Milanese; continuò finché poté la sua lotta politico-letteraria, rinunciando all’attività editoriale solo nel 1923, dopo che le squadracce avevano distrutto la sede dell’editrice. Il silenzio, durante il ventennio, venne interrotto solo da un romanzo anticolonialista: L’oasi. Romanzo arabo, del 1929.
Nel 1946 Leda Rafanelli accetta di tracciare in Una donna e Mussolini una diagnosi impietosa del groviglio impazzito di tensioni che aveva condotto al fascismo, analizzando le lettere del futuro "duce".
Il brano che qui “postato” è ripreso dall’antologia della narrativa femminile italiana La voce che è in lei, curata nel 1980 da Giuliana Morandini per l’editore Bompiani ed è tratto da un romanzo sociale del 1905, Un sogno d’amore: vi sono posti a confronto Anna, la protagonista con cui la scrittrice si identifica, anarchica e con un forte senso dell’individualità, e Fabio, socialista collettivista. (S.L.L.)
Erano lontani nella loro fede: l’Anna se n’era accorta subito. In lei fremeva l’anima ribelle, il desiderio di una vita di lotte, un profondo disprezzo per le battaglie sterili a base di legalità sovversive. Lui invece era il calcolatore, era l’esteta che sentiva una segreta repulsione pel popolo minuto, affamato e gridante per le piazze. Negli scioperi non ammetteva che la calma: egli diceva che la solennità della protesta senza un grido  è più forte della rivolta pazza della folla che sbraita e ferisce nell’incoscienza.
Odiava con odio da essere superiore le brutalità verso il nemico, lo slancio rivoltoso dell’incendio e del saccheggio. Egli voleva le battaglie civili, le lotte elettorali, le grandi discussioni parlamentari, le conferenze ascoltate con il rispetto dovuto alle personalità più spiccate. Altrimenti era il caos. L’antiparlamentarismo di Anna era per lui una pregiudiziale esagerata, un’azione negativa. Con che mezzi avrebbe essa fatto delle buone leggi a favore degli operai?
Ma la parola legge finì per irritarli. L’Anna diceva francamente che delle “leggi” al proletariato non interessava niente! le definiva nuove catene messe al popolo schiavo. La sua idea non ammetteva lo Stato: era la libertà completa, il trionfo della società comunista. E allora si era spaventato lui, con i suoi grandi occhi meravigliati fissi sopra di lei!
Che sogni da pazzi! Non c’era che il collettivismo per mettere la società sulla vera base! La produzione regolata al consumo, il consumo regolato al lavoro: no, no, non si trovavano d’accordo.
La questione del divorzio sollevò tra loro una vera tempesta. nemmeno quello lei accettava? Neppure quella legge buona e civile avrebbe appoggiato? Ma poiché lei diceva che se due amanti o sposi si vogliono lasciare non occorre per far quello una legge; lui scosse la testa con un sorriso di compatimento…

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