13.10.11

Default. Il volontarismo di Catiuscia Marini e le proposte di Indovina.

Catiuscia Marini
Ieri la mia amica Catiuscia Marini, presidente della Giunta regionale umbra, che ricordo con affetto come “figicciotta” appassionata e attivissima e che è appena stata scelta per una carica importante nel PSE, da Bruxelles diffondeva su fb le seguenti considerazioni: “Sono a Bruxelles e da qui l'Italia è vista con la stessa angoscia e preoccupazione della Grecia, ma anche con il timore che difficilmente la si potrà aiutare (troppo grande per fallire, troppo grande per essere aiutata).... insomma la sensazione è che la casa Italia stia bruciando..... A noi spetta il compito di collaborare istituzionalmente a portare l'Italia fuori dall'emergenza: a tutti i livelli, nel Governo nazionale, nelle Regioni, nei Comuni..... e persino nelle "Province" (ai cittadini interessa molto poco delle sorti del ceto politico ma molto invece della soluzione ai propri problemi).... Avanti tutta”.
Avanti tutta, con quale scopo? Evitare il fallimento – sembrerebbe – o piuttosto l’incendio, visto che l’Italia comunque non può fallire. Avanti tutta, con quali mezzi? Tagli – sembrerebbe – anche al ceto politico questa volta. Ma inevitabilmente, anche, alla sanità, alle pensioni, alle protezioni sociali, alle condizioni di lavoro e di vita, già pesanti o addirittura pessime, dei ceti popolari. Queste sono in fondo le idee che girano e, anche nel Pd o in Casini o perfino nella Confindustria, l’accettazione di una qualche forma di patrimoniale, di un qualche sacrificio da imporre a chi ha, negli ultimi vent’anni, lucrato rendite e profitti mostruosamente alti, serve solo a rendere più tollerabile il fatto che la nuova, l’ennesima stangata antifallimento tornerà a colpire nei redditi e perfino nei diritti i soliti, i lavoratori dipendenti, stabili o precari che siano, i pensionati, i disoccupati, i ceti medio-bassi. Insomma un “avanti tutta”, determinato dal volontarismo, dalla spinta a fare la “propria parte” qui ed ora può essere per tante e tanti un’avanzata folle verso il baratro.
Forse, nella stessa giornata di ieri, non ha avuto l’ascolto e la discussione che meritava l’articolo di Francesco Indovina su “il manifesto” che, partendo dal debito pubblico e dal rischio di default per l’Italia, poneva alcuni interrogativi a sinistra (a sinistra del Pd, per intendersi) e avanzava alcune proposte. A me sembra una riflessione importante, innanzitutto per controbattere la tesi che, implicitamente, è di Marini ed esplicitamente di molti altri, che non ci sono alternative ad una politica economica antisociale e antipopolare e che la si può fare male e tardi (come la fa il governo Berlusconi) o presto e bene (come la farebbe il “governo di tregua” o - per meglio dire - il governo di Confindustria e dei banchieri). Il “default” (naturalmente guidato, come in Islanda) per Indovina è un’alternativa possibile, anzi è precondizione di un cambiamento nella politica economica e sociale, che sarebbe impossibile sotto il continuato ricatto dei creditori-speculatori.
Io non sono esperto nella materia, ma sono, per quel che conosco e capisco, al cento per cento d’accordo. Per questo “posto” qui l’articolo e spero che su fb, su blogspot o sulla rete nella speranza molti a sinistra o nel centrosinistra comincino a ragionare con serietà e con un’ottica diversa che in passato del problema del debito. Come ci dice Catiuscia, a Bruxelles tanti pensano che tutte queste manovre non risolvono e non risolveranno il problema dell’indebitamento italiano: Ma, mentre non lo risolvono, esse seminano e semineranno in Italia povertà, emarginazione e disperazione. (S.L.L.)  
Francesco Indovina

Appendice
Il default a sinistra del Pd 
di Francesco Indovina
Anche a sinistra del Pd le cose non stanno bene. Molti pensano, per esempio, che il debito vada onorato, che un futuro governo di sinistra debba farsi carico della diminuzione del debito, magari con un patrimoniale. Non credo che convincerò nessuno, la sinistra non ha più un pensiero autonomo che non sia la ripetizione della necessità di un "nuovo modello di sviluppo". Ma questo nuovo modello lo si dovrebbe costruire dentro i confini del nuovo capitalismo?
Le modifiche profonde del meccanismo del capitale (D-D-D) tra le altre cose, qui questo interessa, ha reso impalpabile, indeterminato, non qualificato e senza corpo l'antagonista (la "speculazione" è diversa dal "padrone"; materialmente e corposamente diversa). Contro di essa non si può scioperare, non si può occupare la fabbrica, non si può.... Ma si può colpirla nella tasca, non onorando il debito e questa non è "economia", ma "politica", una risposta di classe alla lotta di classe che la speculazione conduce contro i lavoratori.
Il fallimento dello stato (concordato, controllato, parziale, ecc.) non può non essere un obiettivo di governo (altrimenti ha ragione Bertinotti, che ci si va a fare). L'applicazione di una patrimoniale una tantum (chi dice di 200 miliardi, chi di 400, ma va bene anche una via di mezzo) e di una patrimoniale permanente, non deve essere finalizzata alla diminuzione del debito ma a ripristinare una parziale redistribuzione del reddito e ad avviare il famoso nuovo modello di sviluppo.
I 1.800 miliardi di debito non sono l'esito del fatto che lo Stato ha fatto scialacquare i cittadini, ma piuttosto c'è una quota rilevante di corruzione (ci ricordiamo cosa è stato scoperchiato da "mani pulite"? una situazione che come le cronache ci raccontano continua allegramente); c'è uno sperpero di risorse per opere inutili che favorivano le ambizioni di più o meno potenti politici (aeroporti, strade che finivano nel nulla, ospedali non finiti, ecc. Per lo più pagati salati data la "tassa corruzione"); c'è la chiusura, di fatto, di ambedue gli occhi sull'evasione fiscale; ci sono i costi della politica incomparabili rispetto al resto del mondo; ci sono le favorevoli condizioni create per categorie e gruppi sociali per garantirsene il consenso. Insomma c'è una quota, grandemente rilevante, per i meccanismi specifici del debito, che è servita a distribuire reddito e proventi non giustificati ma coerenti con una classe politica che della corruzione e della mala gestione ha fatto uno stile di governo.
È politicamente rilevante che ogni italiano, compresi i neonati, ha un debito di 30 mila euro e questo è formato anche dalle voci prima indicati? È questo un argomento politico? Inoltre va legiferato che gli utili di azienda devono restare per cinque anni nell'azienda stessa e reinvestiti. Va separata la funzione bancaria (raccolta del risparmio e suo investimento) da quella finanziaria (operazioni di borsa, finanziamento del debito pubblico ecc.). Non è escluso che con operazioni di salvaguardia del risparmio alcune banche possano essere abbandonate al loro destino fallimentare.
Si è visto che dentro il Pd regna la confusione, ma fa specie che una simile confusione regni nella sinistra. Bisogna sapere che se si vuole pagare il debito con cui abbiamo ingrassato la speculazione (garantendo rendimenti e rimborsi) allora la ricetta della Bce è quella giusta; certo si può mettere la patrimoniale, si può condurre una lotta più conseguente all'evasione, si potrà vendere il patrimonio, e poi? Come si realizzerà il nuovo modello di sviluppo? Bisogna decidere se gli italiani, e si parla delle classi popolari e medie, debbano pagare i loro 30 mila euro di debito, o in un quadro di modifica anche degli stili di vita si fa un'operazione politica di sinistra consapevole? Decidiamo noi di fallire alle nostre condizioni e con opportuni mezzi, altrimenti non solo falliremo, ma a pagare non saranno gli speculatori, che si saranno messi in salvo, ma i soliti.

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