Sabato sera c’è stata, nel nostro appassionato dibattito sulla Rivoluzione di Novembre a “Segno critico” un accenno di polemica su Vendola, una questione marginale almeno per il ragionamento che si faceva, proiettato su un orizzonte lungo. Un compagno ha detto che il leader di Sel, rispetto al governo Monti, ha scelto di “stare dentro criticamente” e una compagna l’ha rimbeccato con buoni argomenti. Mi pare che la trasmissione di Fazio, cui Vendola ha partecipato, le dia ulteriormente ragione.
A Che tempo che fa il presidente pugliese ha salutato come una novità importante il cambiamento di stile del governo Monti ed ha apprezzato la presenza in esso di Riccardi, della Cominità di sant'Egidio, interpretata non come clericalizzazione ma come sprovincializzazione; ha poi dichiarato rispetto per le preoccupazioni di Napolitano e attenzione verso le scelte degli alleati Pd e Idv sul “governo di emergenza”.
Nello stesso tempo ha segnalato senza equivoci che la maggiore emergenza è la questione sociale e la crescita della povertà, contrapposta allo scandalo dei mostruosi speculativi arricchimenti; ha ricordato i conflitti di interesse attuali e potenziali presenti nel governo neonato; ha stigmatizzato le lodi di Monti per la controriforma Gelmini e il suo silenzio sull’ambiente proprio nel giorno dei disastri di Genova e di tutto il Nord; ha infine paventato la massiccia capacità di condizionamento e d’interdizione del Pdl in questo Parlamento. Per Vendola, caduto il governo Berlusconi, il “berlusconismo” potrebbe restare vivo e attivo e anche il Cavaliere caduto da cavallo potrebbe risorgere.
Nello stesso tempo ha segnalato senza equivoci che la maggiore emergenza è la questione sociale e la crescita della povertà, contrapposta allo scandalo dei mostruosi speculativi arricchimenti; ha ricordato i conflitti di interesse attuali e potenziali presenti nel governo neonato; ha stigmatizzato le lodi di Monti per la controriforma Gelmini e il suo silenzio sull’ambiente proprio nel giorno dei disastri di Genova e di tutto il Nord; ha infine paventato la massiccia capacità di condizionamento e d’interdizione del Pdl in questo Parlamento. Per Vendola, caduto il governo Berlusconi, il “berlusconismo” potrebbe restare vivo e attivo e anche il Cavaliere caduto da cavallo potrebbe risorgere.
Per farla breve il fondatore di Sel, non potendo da extraparlamentare votare contro, ha deciso di "tenersi fuori", mantenendo semmai una linea di dialogo con il centrosinistra rappresentato in Parlamento. Un passaggio del suo dire, poi, m’è decisamente piaciuto, quello sulla “questione meridionale”, che in tutte le sue varianti, moderate, democratiche, socialcomuniste, da Giustino Fortunato a Gramsci, è sempre stata proposta nella prospettiva di consolidare l’unità d’Italia, mentre la cosiddetta “questione settentrionale” di cui anche nel Pd si ciancia, contiene una carica forte di ingiusta contrapposizione, di risentimento, di divisione.
Ciò detto, mi pare che Vendola eviti di prendere in considerazione la grande opportunità che la situazione gli presenta: quella di offrirsi come sponda e orientamento politico di una opposizione sociale che di sicuro non mancherà. Lui stesso avverte, per esempio, che nel Nord le piazze dei disoccupati potrebbero essere preda della rinascente demagogia populista della Lega; ma non dichiara con la chiarezza necessaria che alle piazze occorre offrire un’altra proposta.
Lui può farla, anche perchè a sinistra non ha concorrenti politici seri. Il partitino di Ferrero è sempre più screditato: ha voglia Rifondazione di indurire il discorso, se nei pochi punti di forza rimasti, da Sesto San Giovanni a Gubbio, i suoi esponenti sono pienamente partecipi delle scelte affaristiche e delle tendenze clientelari del Pd. Il partitino di Diliberto, poi, è arrivato a proporre: "garantiteci dieci parlamentari e noi garantiremo sempre la sinistra". Per il Pcl di Ferrando, piccolo e settario, è noto il nostro rispetto, ma non vediamo prospettive. Altre aggregazioni di estrema sinistra sembrano analogamente scegliere le frasi scarlatte, ma tentano di appoggiarsi alla protesta piuttosto che orientarla. Nascono infine qua e là associazioni e aggregazioni di politicanti in carriera, senza peso e senza idee, se non quella di partecipare in qualche modo al gioco politico nazionale e locale.
Vendola è l'unico che può mettere al servizio di una opposizione sociale in fermento un crescente prestigio personale, un’organizzazione in crescita con non pochi giovani volenterosi, è il solo che può tentare un più stretto collegamento con la parte più decisa a resistere della Cgil e presentare ai movimenti sociali e all’opinione pubblica alternative proposte di governo sulle questioni aperte. Si tratta di interpretare il punto di vista del lavoro dipendente e precarizzato, dell’ambiente, della laicità, sfidando il risorgente pensiero unico “privatistico” e confindustriale che tenta perfino di cancellare la sconfitta ai recenti referendum su acqua e nucleare: cose che in gran parte già fa, ma in astratto.
Pur senza rappresentanza in Parlamento, il portabandiera di Sel potrebbe proporsi come il leader di una vera opposizione di sinistra, scompaginando i giochi dei berlusconiani e dei leghisti, che sperano di godere loro di una sorta di rendita d’opposizione. Sospetto, però, che il timore di una rottura con gli “alleati” lo scoraggi perfino dal prendere in considerazione l'ipotesi. Forse è persuaso che gli sia sufficiente esprimere posizioni contrarie alle scelte governative, per guadagnare i consensi di chi protesta, da far fruttare poi nelle “primarie” su cui da tempo punta per determinare nella battaglia politica un nuovo orientamento e una svolta programmatica nel centro-sinistra.
E’ un’illusione: una cosa sono le “prese di posizione” che lasciano il tempo che trovano, un’altra è assumersi la responsabilità di organizzare, orientare e dirigere le lotte popolari.
Se Vendola non se ne rende conto diventerà prestissimo una questione marginale, non solo nel “lungo e medio periodo” su cui ragionavamo sabato sera a “Segno critico”, ma anche nel “breve periodo” in cui il pugliese iscrive la propria azione. Senza presenza parlamentare e senza riferimenti sociali organici e solidi, nel tempo di Monti, egli sarà assolutamente impotente e ininfluente. L’unica possibilità che ha di resistere politicamente, di tenere il punto sulle questioni redistributive e di diritti sociali e sindacali, di preparare un governo di ragionevole “anticapitalismo” è quella di rinviare a domani il tema dell’alleanza politica capace di vincere le elezioni.
Oggi il suo compito è altro, ed è questione di settimane se non di giorni: unire, allargare, organizzare l'opposizione della sinistra sociale e politica, guidare la lotta democratica e di classe contro il governo Monti anche per strappare qualche parziale vittoria su temi importanti. Spero che se ne convinca subito e muti l'approccio. Temo che non lo farà.
Oggi il suo compito è altro, ed è questione di settimane se non di giorni: unire, allargare, organizzare l'opposizione della sinistra sociale e politica, guidare la lotta democratica e di classe contro il governo Monti anche per strappare qualche parziale vittoria su temi importanti. Spero che se ne convinca subito e muti l'approccio. Temo che non lo farà.
Mi rubi le parole di bocca, Salvatore. Come abbiamo sempre saputo, sradicare il 'berlusconismo' non sarà impresa facile...
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