1.2.12

Lo scioglimento del Pci a Palermo (di Franco Padrut)

Il 26 gennaio 2011 nelle pagine siciliane di “Repubblica” si leggeva quello che – credo – fu l’ultimo articolo di Franco Padrut, una rievocazione dello scioglimento del Pci a Palermo. Ne ripropongo qui un ampio stralcio per ricordare un carissimo compagno a un anno dalla morte. (S.L.L.)
I passaggi che portarono allo scioglimento del Pci non furono indolori. Si lacerarono famiglie. Intere sezioni che erano un luogo di solidarietà umana e civile divennero luoghi di divisione e di conta. Rapporti di amicizia fraterna si incrinarono. Ciascuno di noi può raccontare i drammi familiari vissuti e i conflitti fra generazioni che emersero. Quello dei traumi familiari è solo lo specchio di ciò che avviene nelle sezioni. Qui le divisioni fanno emergere le varie anime che convivevano da tempo nel Pci e che eufemisticamente venivano chiamate "sensibilità". Non si può comprendere il Congresso di scioglimento, che a Palermo si celebra il febbraio 1991, di per sé abbastanza notarile, senza fare la cronaca del congresso precedente. Col XIX° congresso si celebra la morte del centralismo democratico. Si scopre il bisogno di costituirsi in correnti: i miglioristi, gli occhettiani, gli ingraiani, i cossuttiani. Ognuna con i suoi capi e leader locali. La corrente più organizzata è quella migliorista: ha una consolidata presenza nelle organizzazioni di massa, nelle istituzioni, nei luoghi di gestione delle attività economiche e sociali che sono cresciute dalla seconda metà degli anni Settanta. E dispone di un gruppo dirigente autorevole nei confronti della base che rappresenta. La corrente occhettiana è maggioritaria negli apparati di partito e fra gli iscritti, ma ha un gruppo dirigente diviso, travagliato da un conflitto generazionale nascosto dalla voglia di opporsi ai miglioristi. Nel bene, come nel male, è quella che ha sostenuto il peso del sostegno incondizionato ad Orlando. Le correnti di Ingrao, Natta, Cossutta, con l' eccezione della Sezione Centro, raccolgono compagni che si potevano definire di destra e che non a caso, per tutta la fase che precede la scissione, faranno fronte comune con i miglioristi contro l' armata brancaleone degli occhettiani. Gli iscritti tendono a seguire l' orientamento dei gruppi dirigenti. La Sezione Orcel, la Sezione Arenella, la cellula del Cantiere navale, si schierano compatte con Natta, Ingrao e Cossutta. L'antiorlandismo è il collante che le unisce contro la mozione della maggioranza.
Alla sezione Togliatti, culla dell'orlandismo, la sezione in cui si riuniva il Coordinamento antimafia e in cui fu scritta la famosa lettera contro Leonardo Sciascia, prevalgono i rinnovatori. Finalmente ci si liberava di quella zavorra che ormai era diventato il Pci. Il nuovo che nasceva non doveva riprodurre la forma Partito, ma costituire un movimento: parola magica, sinonimo di rinnovamento, con la quale ci si risparmia il compito arduo di comprendere i mutamenti profondi intervenuti nella società italiana, anche grazie all' azione riformatrice delle forze democratiche.
Nella sezione Zisa Lenin si registrano i più drammatici dissensi con un gruppo di vecchi compagni che non si rassegnano alla svolta. Vince il No, ma si compromette definitivamente il rapporto del Partito con i giovani.
La Sezione Noce, grazie al compagno Careri e alla presenza di giovani come Sergio Infuso si schiera con la mozione Occhetto e vede nel Pds lo sbocco della storia del Pci. Dopo una fase di transizione che Franco Miceli, primo segretario del Pds, si assume l' onere di guidare, lo scontro fra le varie anime del vecchio Pci, si concluderà drammaticamente con la decimazione del vecchio gruppo dirigente e l' emergere di una nuova leadership che, troncherà ogni legame con la storia del Pci palermitano.

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