4.3.12

Bella ciao in Messico (di Alessandro Portelli)

Bella ciao è una delle più belle canzoni del repertorio popolare e politico italiano. E’ canto della Resistenza, del partigiano che muore per la libertà, ma durante la Resistenza partigiana si cantò poco; ne divenne il simbolo soprattutto dopo, a partire dagli anni sessanta. E’ canto pieno di misteri per le sue stesse origini, sia nel testo che nella musica, e in esso confluiscono diverse tradizioni, come ha magistralmente spiegato Roberto Leydi in un capitolo del volume I documenti della Storia d’Italia Einaudi.
Nel 2008 una sgradevole notizia ci giunse: la Coca Cola utilizzava Bella ciao per lanciare una nuova bibita sul mercato messicano; le multinazionali ci stavano espropriando anche delle nostre canzoni. Sandro Portelli commentò il fatto sul “manifesto”, denunciando la mistura di ignoranza e cinismo che permetteva a tanti di dimenticare origine e senso di quel canto. Da allora sono passati 4 anni. Operazioni analoghe, oggi e più agevolmente domani, se ne potranno fare tante anche in Italia, sempre di più: mi dicono che nella scuola riformata da Berlinguer (Luigi) e rimodellata da Gelmini (Mariastella) ignoranza quizzaiola e arrivistica strafottenza siano le materie più importanti. (S.L.L.) 
A metà anni '60, i braccianti chicanos in sciopero in California cantavano, oltre ai corridos, una versione in spagnolo di Bella Ciao. Un paio d'anni fa, un gruppo di ragazzi turchi incontrati per strada a Roma ce ne cantò un'altra versione, naturalmente in turco. La sentii, negli anni '80, in non so più che raduno di gente di sinistra in Inghilterra. Insomma: se c'è una canzone globale e alternativa insieme, è Bella Ciao. E, come ogni cosa davvero globale, è normale che finisca nel tritatutto globale della pubblicità. Abbiamo fatto pubblicità con Gandhi e con Cristo, non c'è da sorprendersi che una bevanda messicana prodotta dalla Coca Cola si promuova con questo allegro motivetto internazionale.
Infatti, se uno è abbastanza ignorante da non sapere che storia c'è dentro questa canzone e abbastanza sfacciato da fregarsene, Bella Ciao è un jingle perfetto: con alto tasso di riconoscibilità, facile da ricordare e ricantarsi distrattamente, carico di ottimismo amicale con quel «bella» e quel «ciao» così in armonia con la convivialità giovanilistica della Coca Cola. Persino ludico - ci insegnava Roberto Leydi che quel ritornello, con l'allegro battito delle mani, veniva da un gioco di bambini da qualche parte fra il Veneto e l'Istria.
E poi, a pensarci bene, ai pubblicitari non dev'essere neanche dispiaciuta quella vaga aura di «libertà» che forse ancora associano alla canzone.
In fin dei conti, jingle e spot oggi parlano continuamente di libertà; ma la libertà che ci propongono oggi è una libertà limitata di consumatori, una bibita invece di un'altra, un'automobile, un dentifricio, invece di un altro che gli somiglia. Un prodotto politico invece di un altro, la globale libertà di scelta di noi popolo delle libertà. Se questo è quello che resta della libertà per cui è morto (e vissuto) quel partigiano, è normale che il funerale glielo canti la Coca Cola in Messico.

“il manifesto” 28.03.2008

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