19.3.12

Sul governo rappresentativo (di Maximilien Robespierre)

L’uomo è nato per la felicità e per la libertà: e tuttavia egli è dappertutto schiavo e infelice! La società ha per scopo la conservazione dei suoi diritti e la perfezione del suo essere: e tuttavia dappertutto la società lo degrada e lo opprime!
Ma è giunto il tempo di richiamarlo ai suoi veri destini: i progressi della ragione umana hanno preparato questa grande rivoluzione e proprio a voi spetta il dovere di accelerarla.
Per compiere la vostra missione, occorre che facciate proprio tutto il contrario di quello che si è fatto prima di voi.
Fino a questo momento, l’arte di governare non è stata altro che l’arte di spogliare e di asservire la maggioranza a profitto di una minoranza; e la legislazione non è stata altro che lo strumento per erigere questi attentati a sistema.
I re e gli aristocratici hanno compiuto alla perfezione il loro mestiere: ora spetta a voi di compiere il vostro, cioè di rendere gli uomini felici e liberi attraverso le leggi.
Dare al governo la forza necessaria perché i cittadini rispettino sempre i diritti dei cittadini; e fare in modo che il governo non possa mai violarli: ecco, a mio parere, il duplice problema che il legislatore deve cercare di risolvere.
Il primo mi sembra molto semplice. Quanto al secondo, saremmo tentati di considerarlo insolubile, se prestassimo attenzione solo agli avvenimenti del passato e a quelli presenti, senza risalire alle loro cause.
Scorrete la storia: e vedrete dappertutto i magistrati opprimere i cittadini e il governo annientare la sovranità. I tiranni parlano di sedizioni; il popolo si lamenta della tirannide, quando pure osa lamentarsi, il che accade solo quando un’oppressione eccessiva gli restituisce la sua energia e la sua indipendenza.
Volesse Dio che esso potesse conservarle sempre! Ma il dominio del popolo dura un giorno solo, quello dei tiranni, invece, si estende per la durata dei secoli.

Postilla
E’ questo l’incipit di un celebre discorso alla Convenzione di Maximilien Robespierre, del 10 maggio 1793. Il problema che il grande rivoluzionario qui pone e si pone è come fare in modo che il governo sia e resti “rappresentativo” e di come evitare la deriva che egli vede in atto nella vicina Inghilterra ove la cosiddetta “divisione dei poteri” non ha interrotto l’antica pratica per cui l’arte di governare non è altro che “l’arte di spogliare e di asservire la maggioranza a profitto di una minoranza” e in cui la legislazione non è altro che “lo strumento per erigere questi attentati a sistema”. La scelta di Robespierre è quella di ampliare quella che oggi chiameremmo “democrazia partecipativa” e la revocabilità dal basso di tutti i governanti e i magistrati. Il discorso andrebbe letto per intero, perché sono assai intricati i nodi teorici e pratici che tenta di sciogliere: uno, attualissimo, è quello dei rimedi contro la corruzione che sempre può serpeggiare tra i pubblici rappresentanti. Io ho ripreso qui la solenne introduzione dall’edizione che “il manifesto” e la “manifesto libri” fecero del discorso con il titolo Sul governo rappresentativo nella piccola collezione de “I grandi discorsi”  con l’introduzione di Alberto Burgio. Si può acquistare on line, anche in forma digitale, per pochissimi euro, attraverso il sito del quotidiano comunista http://www.ilmanifesto.it/ .(S.L.L.)

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