11.3.12

Vita e morte di Tutankhamon. Le cinque figlie di Nefertiti (Marco Zatterin)

L’articolo di Marco Zatterin su “La Stampa” del 18 febbraio 2010, divulgava i risultati delle ricerche sulle mummie nella tomba di Tutankhamon appena comunicati da Hawass, al tempo capo degli archeologi egiziani. Altri studiosi hanno successivamente avanzato dubbi su questa o quella conclusione di Hawass; sembra comunque certo che i moderni strumenti di indagine possano contribuire a svelare alcuni misteri di quattromila anni fa. (S.L.L.)
Non è stato un delitto, quindi il vecchio visir Ay è ufficialmente scagionato dall'accusa di regicidio. Non s'è trattato nemmeno di un incidente, non un caduta o il calcio di un cavallo imbizzarrito che lo avrebbe colpito al torace. La fine di Tutankhamon, il faraone ragazzo che regnò sull'Egitto nel XIV secolo avanti Cristo, è un affare da comuni mortali: una banale malaria che attaccò un corpo già indebolito da malanni ossei (il morbo di Kohler), patologie del tessuto connettivo (la sindrome di Marfan) e dalla frattura a una gamba che il re, anni prima, si era provocato chissà come. «L'immagine vivente di Amon», questo il significato del nome, spirò nel suo letto in preda al delirio caldo della febbre. Fu un trapasso inatteso che lo portò in una tomba dalle dimensioni ridotte per il suo rango, un sepolcro forse destinato proprio ad Ay. Una piccola cripta, ma celeberrima, visto che è l'unica rinvenuta col corredo intatto, così ricco da regalare fama sempiterna al re che tutti i successori hanno cercato di cancellare dalla storia. Uno sforzo inutile. Tanto che la storia continua, con Tut da novant'anni sotto i riflettori, e Zahi Hawass, potente capo del Consiglio superiore per le Antichità del Cairo, impegnato a svelare con l'abilità di un consumato showman i segreti carpiti alle mummie degli antichi signori della valle del Nilo. L'egittologo di Damietta ritiene stavolta di aver ricostruito la genealogia del più celebre fra i faraoni, risolvendo l'enigma della sua fine. Colpo grosso, davvero. Anche perchè si scopre che la famosa mummia ritrovata nella tomba «Kv55» della Valle dei Re è quella di Amenhotep IV, il sovrano dai fianchi grossi che cambiò il proprio nome in Akhenaton e cercò di imporre il culto di Aton, il disco solare. Che sposò la bella Nefertiti. Ma che concepì Tutankhamon, con una sorella, e non con la legittima, e pure illustre, consorte. Hawass ha lavorato per cinque anni con un vasto team di esperti internazionali su undici spoglie strappate alle profondità di Biban el-Moluk, «la valle delle porte dei re», a ovest di Tebe. Attraverso l'esame del Dna, ha annunciato ieri al Cairo, e' giunto ad affermare che nella tomba «Kv35» - preparata per Amenhotep II e trasformata in deposito segreto per nove altri corpi - si trovava Tye, genitrice di Akhenaton, insieme con una delle sorelle del sovrano che le analisi indicherebbero come madre (e zia) di Tutankhamon. Potrebbe trattarsi di Kye, ma è presto per dirlo. Certo e' che il «re bambino» nacque da un rapporto incestuoso, evento normale nel periodo in cui i faraoni si credevano dei. Nefertiti diede dunque al suo sposo cinque figlie e non il maschio che gli sarebbe succeduto. E così Akhenaton si era accoppiato con una consanguinea, circostanza da cui deriva probabilmente la lunga serie di malanni presente nella sua stirpe.
Il genoma conferma la teoria che fosse padre di Tut, alimentata peraltro dal fatto che i due siano stati oggetto di una violenta «damnatio memoriae», sistematica cospirazione mirata a far sparire nel nulla ogni loro traccia. Con Tut c'erano quasi riusciti. Poi è arrivato il britannico Howard Carter che nel 1922 ha scoperto la sua tomba. Intatta. Bellissima e unica, al punto da rendere la sua mummia una stella planetaria. Per questo l'esame delle spoglie e del dna di Tutankhamon - morto a 19 anni quando pesava 55 chili, pochi per il metro e 70 di altezza - è stato accurato. «Sono diverse le patologie diagnosticate - scrive il team di Hawass in un articolo apparso ieri su The Journal of the American Medical Association - come la malattia di Kohler II (che porta alla formazione di osteocondrosi), ma nessuna di esse da sola avrebbe provocato la morte». I test genetici hanno riscontrato il parassita della malaria su quattro delle undici mummie studiate, compresa quella del giovane faraone. Ecco il verdetto. A uccidere Tut sarebbe stata una necrosi ossea vascolare - ossia conseguente a un insufficiente afflusso sanguigno al tessuto osseo -, combinata con un'infezione malarica. Il giovane re camminava male, come potrebbero dimostrare i bastoni riposti nella tomba in previsione del viaggio nell'aldilà. La cattiva deambulazione potrebbe essere la causa della frattura che alcuni vedono nelle immagini a raggi X della sua nuca. Frutto di un colpo mortale - ha scritto l'archeologo americano Bob Brier - magari dei sicari di Ay che voleva sostituirsi al giovane re. Una botta precedente o una malformazione congenita, giura il collega W. Benson Harer, che attribuisce la morte al calcio di un cavallo. «Malaria», chiude il caso il detective Hawass svilendo un po' la trama. Poco male, la lista dei misteri è ancora lunga e per tutti i gusti. Ad esempio: dov'è sepolta Nefertiti?

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