4.4.12

La lussuria di Giorello ( di Pino Bertelli)

Il brano che segue è tratto dalla recensione di un libro del filosofo Giulio Giorello pubblicata nell’edizione italiana de “Le monde diplomatique” di marzo 2011, ma indica – anche a prescindere dal libro che elogia con qualche eccesso di enfasi - alcune direzioni di ricerca teoriche e pratiche (S.L.L.)
Gustave Dorè (Strasburgo, 1832 - Parigi, 1883): Paolo e Francesca all’Inferno, 1861.
Inchiostro e guazzo bianco su carta, mm 387×292.
Strasburgo, Musée d’Art Moderne et Contemporain.

Ci sono libri che fanno riflettere e aiutano a scoprire ciò che di noi stessi è sconosciuto e mostrano che i cuori degli stupidi sono impenetrabili. Lussuria. La passione della conoscenza, di Giulio Giorello è uno di questi: è una sorta di requisitoria sulla sessualità liberata delle donne e della caducità del potere maschile, specialmente. La messe di citazioni letterarie, sacrali, artistiche è notevole e grande la scrittura libertina e libertaria di Giorello, che infrange, da par suo, tutte le morali, i valori e i divieti che nei secoli si sono succeduti per tenere a freno (senza riuscirci mai) l’immaginazione eversiva della lussuria...
Giorello demistifica la criminalizzazione della lussuria e, giustamente, mostra che il peccato, la confessione, la remissione delle colpe ai tribunali della storia è qualcosa che ha a che vedere col potere (anche delle chiese monoteiste) e i suoi bravacci. Ogni potere, in qualunque epoca, nel momento che condanna allo stesso tempo assolve le proprie violenze e giustifica i propri genocidi. Gli eretici dell’eresia lo sanno bene. Niente è più pericoloso per il potere di uomini e donne che danno libero sfogo alla loro sessualità. La libertà di coscienza incita all’eversione dal prestabilito e dal conforme (Giordano Bruno fu bruciato vivo perché aveva capito che la lussuria non era solo un rizoma dell’amore autentico ma anche e soprattutto uno strumento di rottura dei dogmi dell’impostura e della falsificazione).
Il saggio di Giorello indica la lussuria come manifestazione dell’eros, creatività artistica, piacere della scoperta di sé e complicità con quanto si oppone e smaschera i simulacri della ragione imposta. Le sue invettive contro il disprezzo del sapere sono contrapposte alla seminagione della buona filosofia che attraverso l’elogio del godimento rifiuta la sottomissione, l’obbedienza, la passività degli uomini di fronte alla falsità delle leggi, delle regole (e dei fucili) che li tengono a catena. Mortificare le pulsioni del corpo (anche quelle estreme) significa trascinare la propria esistenza nella schiavitù dei codici dominanti.
La visione libertaria della lussuria che ci ha lasciato Valentine de Saint-Point illumina l’inverno dei nostri scontenti:«La lussuria è l’espressione di un essere proiettato al di là di se stesso; è la gioia dolorosa di una carne compita, il dolore gaudioso di uno sbocciare; è l’unione carnale, quali si siano i segreti che uniscono gli esseri; è la sintesi sensoria e sensuale di un essere per la maggior liberazione del proprio spirito; è la comunione d’una particella dell’umanità con tutta la sensualità della terra: è il brivido panico di una particella della terra». Correva l’anno 1913. A partire da questo canto della lussuria, Giorello ridicolizza il potere e riporta la filosofia del piacere fuori dall’inganno censorio nel quale la cultura imperante l’ha relegato, quando non carcerato o soppresso...
La lussuria, sotto ogni taglio, non solo nel libro di Giorello, respinge la funzione salvifica del dolore e s’intreccia con tutti i vizi carnali e nessuna virtù pubblica. È portatrice di una sessualità ludica priva di sensi di colpa... e infligge alla lingua comune devianze o rovesciamenti di senso, inventa una lingua propria dove ogni forma d’amore (omosessuale, lesbico, anche) si oppone alla detestazione per la vita quotidiana dei manichei dell’ordine costituito.
Il libro di Giorello si ritaglia nel livore gioioso della filosofia agnostica e afferma che il male governa; è un florilegio sulla ricerca della felicità dell’uomo, della donna. Dice che non c’è alcun bisogno di una morale repressiva, un’ideologia della rinuncia, una miseria della sessualità per essere felici. Fa propria la bellezza dei corpi in amore e nel desiderio risolto nel piacere, vede, a giusta ragione, la grazia della lussuria che libera da tutti i peccati ed esercita la rêverie radicale, sovversiva, della felicità nel piacere e nel desiderio di godere e far godere. Ciascuno è l’amore che vive. L’oscenità più oscena è reprimere la propria sessualità... non importa chi ami... quale sesso abbia... amalo come senti... nei modi che vuoi... l’amore è un colpo di dadi buttato contro la morale dominante... la passione della conoscenza passa (anche) dall’epifania della lussuria.

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