6.5.12

Cafiero. Una lettera a "Cinema nuovo" di Pier Carlo Masini e Carlo Ronfani

Il testo che segue è una lettera dello storico Pier Carlo Masini e dello scenografo Carlo Ronfani scrissero nel 1953 alla rivista “Cinema Nuovo” diretta da Guido Aristarco. L’ho trovato nel blog intitolato Carlo Cafiero il figlio del sole, nato per spiegare, promuovere e discutere il documentario omonimo, realizzato da Ezio Aldoni e Massimo Lunardelli che ha avuta la sua prima a Benevento nello scorso 4 gennaio 2012.
 Ugo Gregoretti, che di documentari ne capisce, dice che il film è una bellissima cosa: pare che gli autori siano stati capaci, con pudore, limpidezza e amore, di dare corpo a Cafiero assente. Se non costa troppo comprerò il dvd.
Per spiegare l’origine del documentario gli autori hanno fatto riferimento alla lettera, che sotto riporto. Essa contiene un breve appunto biografico sul rivoluzionario anarchico e un invito a sceneggiatori e registi a raccontarne la vera storia. Il suggerimento – a quanto pare – è rimasto inascoltato a lungo e solo ora trova realizzazione nell’opera dei due autori che immagino giovani. (S.L.L.)

Cafiero è il portavoce di tutta una generazione di giovani italiani che giungono a maturità quando il Risorgimento è già concluso. Il suo caso, il caso di un giovane pugliese figlio di facoltosi agrari, è quello di altre centinaia di giovani che voltano le spalle alla loro classe, all’Italia ufficiale, per andare incontro al popolo lavoratore, al proletariato del nord e alle plebi del mezzogiorno.
Cafiero è uno dei più ardenti interpreti di questo dramma collettivo. La sua conversione al socialismo avviene a Londra nel 1871, sotto l’effetto di vibrazioni che scuotono non solo la sua coscienza, ma tutto il mondo: da una parte lo spettacolo della miseria crescente dei quartieri operai nella metropoli del capitalismo industriale, dall’altra il prestigioso esempio della Comune di Parigi. Entrato in contatto con i gruppi rivoluzionari, incontratosi con Marx e Engels, Cafiero ne diventa l’emissario per l’Italia. A Napoli, sfidando le prime persecuzioni poliziesche, inizia tra i lavoratori del porto, fra gli artigiani, fra i disoccupati, fra masse socialmente disgregate ma indiscriminatamente colpite da un cronico fenomeno di pauperismo, una paziente opera di organizzazione e di educazione. Poco dopo, in Svizzera, soggiogato dalla forte personalità del Bakunin e persuaso dalla sua recente esperienza politica, Cafiero abbraccia la causa del comunismo libertario. S’inizia così la fase più agitata della sua breve esperienza: la definitiva rottura con la famiglia, la vendita dei beni e la devoluzione del ricavato per le necessità del movimento, l’episodio della Baronata, una colonia di internazionalisti esuli in Svizzera, il matrimonio al consolato italiano di Pietroburgo con la nikilista russa Olimpia Kutusoff. Nel 1876, a Firenze, partecipa al congresso nazionale della Federazione italiana dell’Internazionale, svoltasi in maniera drammatica a causa dell’intervento della polizia. Fu probabilmente in detto congresso che venne decisa un’impresa clamorosa: l’occupazione di una zona dell’Appennino meridionale da parte di una formazione armata di internazionalisti. L’impresa fu preparata e guidata da Cafiero, la zona prescelta l’altipiano del Matese, già centro del brigantaggio tra il Sannio, il Molise e la Terra di Lavoro. L’allora ministro degli Interni Nicotera fece mobilitare ingenti forze militari per accerchiare gli insorti che avevano occupato i paesi di Letino e Gallo, dove fra l’entusiasmo della popolazione distribuiscono chinino e tabacco, incendiano carta bollata e ogni documentazione relativa alla proprietà, abbattono i simboli del potere statale e della monarchia, spezzano i contatori della tassa sul macinato […] Gli insorti vengono sorpresi e catturati, Cafiero è arrestato. Seguono lunghi mesi di prigionia in attesa del processo svoltosi nell’agosto del 1878 a Benevento. Quando i giurati li assolvono, una folla di lavoratori accoglie con commoventi dimostrazioni di affetto gli internazionalisti liberati. Cafiero prende la via dell’esilio. Poi un tentativo di entrare clandestinamente in Italia con conseguente arresto, depressione morale, tentato suicidio nelle carceri di Milano. La follia comincia a insidiarlo e lo travolge definitivamente in drammatiche circostanze nel 1883. C’è in Italia un regista che, senza affidarsi a comode divagazioni della fantasia, voglia trarre dalla biografia di Cafiero un film che sia un quadro di quel tempo, dei cafoni del Matese, degli operai di Napoli e di Milano, dei compagni di Cafiero, delle donne che affollano il dramma, siano esse semplici popolane o rivoluzionarie di professione, un film che sia una visione della nostra terra, dalla Puglia bruciata al carsico Matese? Noi vogliamo sperarlo.

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