Il ritratto di Bracciolini nella biblioteca poggiana di Montevarchi |
Poggio Bracciolini, fiorentino d’elezione, nato in Valdarno nel 1380 e morto in Firenze nel 1453, fu - da laico - segretario della Curia Romana e molto visse a Roma. Tra gli iniziatori e promotori dell’Umanesimo scrisse di regola in latino, anche quando – come nel Liber facetiarum - trattava materie “volgari” e volgari assai. Il testo che segue, la facezia 233, mette allegramente insieme la satira del fratacchione e quella del villano, senza risparmiarsi una buona dose di antifemminismo. La traduzione è mia. In appendice l’originale latino, in lingua ciceroniana. (S.L.L.)
Il "breve" da appendere al collo contro la peste.
Poco tempo fa sono andato a Tivoli per vedere i miei figli che avevo mandato lì da Roma a causa della peste e lì ho ascoltato una storia degna del riso e di essere inserita tra queste favolette. Pochi giorni prima un frate di quelli che vanno in giro, predicando per i villici tra i vicini Castelli, giacché c’era già il sospetto dell’epidemia, prometteva di dare loro uno di quei documenti che chiamano breve da legare al collo, per scampare alla morte di peste. Lo stupido popolino, spinto da questa speranza, spendeva quel che poteva per comprare i brevi e li appendeva al collo con un filo. Il frate li aveva avvisato di non aprire i brevi prima dei quindici giorni, perché, se lo avessero fatto, avrebbero perso la loro efficacia. Fatti molti soldi il frate se ne andò. I brevi furono poi letti, per l’umano desiderio di conoscere cose nuove. C’era scritto in volgare: Donna, se fili, e cadeti lo fuso, / Quando te fletti, tien lo culo chiuso. Che in latino si può rendere: Mulier, si filas, et cadit tibi fusus, / Quando te flectis, tene culum clausum.
Questo supera tutte le prescrizioni dei medici e tutte le medicine.
Appendice
De 'Brevi' Contra Pestem Ad Collum Suspendendo Nuper, cum ivissem Tibur, cupidus videndi liberos, quos eo pestis causa ex Urbe miseram, audivi rem dignam risu et confabulationibus nostris. Paucis antea diebus, Frater quidam, ex his circulatoribus, in vicinis castellis ad rusticos praedicans, pollicebatur (erat enim pestis suspicio) se daturum eis certum, ut aiunt, breve, quod ad collum qui gestarent, nunquam peste possent perire. Stulta plebecula, hac spe commota, pretio quo poterant brevia redimentes, ad collum filo virgineo suspendebant. Edixerat autem Frater, ne quis breve ante diem decimum quintum reseraret; id si fecissent, virtutem amissurum. Multis contractis nummis, Frater recessit. Brevia postmodum lecta sunt, ut est cupiditas hominum nova cognoscendi; in eis vulgaribus verbis scriptum erat:
Donna, se fili, e cadeti lo fuso,
Quando te fletti, tien lo culo chiuso.
Donna, se fili, e cadeti lo fuso,
Quando te fletti, tien lo culo chiuso.
Haec sunt Latine:
Mulier, si filas, et cadit tibi fusus,
Quando te flectis, tene culum clausum.
Quando te flectis, tene culum clausum.
Hoc omnium Medicorum praecepta exsuperat et medelas.
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Dal "Liber facetiarum", 233
Dal "Liber facetiarum", 233
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