23.8.12

Il canto dell'Amazzonia. Gloria Gaetano incontra Marcia Teophilo

Gloria Gaetano, che fu tra le allieve predilette dello storico della lingua e della letteratura Salvatore  Battaglia, è poetessa e scrittrice di valore nonché donna esemplare per coraggio civile. Nel sito “lapoesia e lospirito” il 9 agosto scorso ha “postato” il resoconto di un incontro a Morlupo, in una suggestiva libreria, con Marcia Theophilo, poetessa candidata al premio Nobel, sudamericana della foresta amazzonica. Ha aperto il pezzo con la citazione di alcuni versi, di grande potenza evocativa:
Noi alberi viviamo di piogge
Di rugiade eterne e delle brume
Dei fiumi e degli oceani
Di mattutini e nebbie delicate
Durante il giorno il calore
Dei raggi del sole
Dilata i nostri corpi sublunari
Che assorbono così, nel profondo
La soavissima rugiada notturna.
All’articolo di Gloria, profondo e decisamente simpatetico, vi rimando (http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2012/08/09/ritorno-allisola/#more-64197 ).
Qui voglio riprenderne solo la parte finale, un lacerto della conversazione svoltasi qualche ora dopo l’incontro pubblico nella hall dell’albergo. (S.L.L.)
Marcia Teophilo in una storica foto con Raphael Alberti
...le chiedo come mai si identifica con la foresta amazzonica, e lei mi risponde che è colpita e sente profondamente che l’Amazzonia è il mondo e lei è la voce del mondo in sofferenza, che la foresta è un organismo complesso che respira, parla, si lamenta e aggredisce per difendersi.
Le chiedo: – Lei nei suoi versi parla dei bambini leopardo che imitano anche molti animali. I loro giochi sono proprio questi?
E penso ai bambini del primo mondo che non riescono a divertirsi con tutti i giocattoli che compriamo.
Ma lei chiarisce: –
I bambini dell’Amazzonia hanno giochi diversi, si identificano con gli animali e giocano liberamente. E so che sanno imitare i loro lunghi e vertiginosi salti, che partecipano di un mondo che conoscono.
Invece i bambini del mondo di cemento sono imprigionati nei loro quartieri, nella mancanza di tutto ciò che è legato alla vita, al movimento. Urutau è un simbolo sciamanico, una figura fantastica che si identifica con l’uccello, che sa di dover vivere nel cemento, ed è infelice, emette il suo lamento, la sua preghiera per non finire lontano da un humus che non vuole perdere, ricordando il mondo magico, pieno di voci della foresta.
La mia poesia non è altro che il canto dell’Amazzonia, che vuole vivere e congiungersi con l’anima della foresta...

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