11.9.12

Compagne e compagni. "Ma io sì".

 
Doveva essere il 71. Enrico e Felicia s'erano da poco sposati ed era attivo e vivacissimo il Centro di Iniziativa Comunista del "manifesto".
Erano tutt'altro che una "coppia aperta", ma la loro casa era sempre aperta ai compagni e la tavola apparecchiata per loro. Per tradizione (il padre era fabbro e in quanto tale grande mangiatore di pasta) Enrico amava gli spaghetti: pertanto li scolava al dente e abilmente inventava sapidi intingoli di rapidissima preparazione per condirli con poca spesa. I compagni arrivavano numerosi soprattutto le sere di riunione, dopo gli scazzi in sede, a continuare a discutere tra un piatto di buona pasta e un bicchiere di bianco piuttosto scadente. I più intimi (o anche i più affamati) venivano anche in altre serate, una o due volte la settimana, insieme. Si davano appuntamento da Felicia dopo un volantinaggio o una manifestazione.
Uno, un compagno napoletano appassionato e vorace, andava a trovarli più spesso ancora: prima quasi ogni sera, poi proprio ogni sera. Con loro discorreva di tutto, della teoria del valore, della Cina maoista, della politica del Pci, dei consigli di fabbrica e del soviettismo.
Stava diventando scocciante, ma Felicia ed Enrico erano generosi, aperti e prima degli altri imparavano ad apprendere la pazienza rivoluzionaria: lui più lentamente di lei. 
Una sera che Felicia era nell'altra stanza, Enrico guardò l'ospite fisso e serio negli occhi. Gli disse: "Dimmi la verità: tu vuoi scopare mia moglie!".
"Io??? - rispose quello - non mi permetterei mai, per nessuna ragione al mondo". 
E, per dare forza al suo diniego, cominciò a parlare della morale proletaria, dei rapporti che devono intercorrere tra i compagni eccetera eccetera. Non la finiva più.
"Va bene - lo interruppe Enrico - tu non vuoi scopare mia moglie. Ma io sì!".     

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