12.9.12

LIBOR - La legge dei furfanti (di Serge Halimi)


Il grattacielo Barclays a Londra
Dall’edizione italiana di “Le Monde diplomatique” di agosto 2012, uscito con “il manifesto” a metà del mese scorso, riprendo un articolo sul caso LIBOR, l’indice bancario inglese oggetto recente di colossali inganni e raggiri. Le riflessioni di Halimi, sagge, vanno oltre il caso in questione. (S.L.L.)

È una delle scene culto del film Casablanca di Michael Curtiz (1942): il capitano Renault, capo della polizia, attorniato da alcuni suoi uomini, ha appena ordinato la chiusura del locale gestito da Rick Blaine (Humphrey Bogart) esclamando a gran voce: «Non ci posso credere! Sono sconvolto! Qui si gioca d’azzardo!». Subito dopo un croupier gli consegna un fascio di banconote:«Ecco la sua vincita, monsieur». Il capitano ringrazia sottovoce, intasca i soldi e comanda: «Tutti fuori, alla svelta!».
Nello scandalo finanziario della frode sul tasso interbancario britannico – il London InterBank Offered Rate (Libor) – si ha qualche difficoltà a identificare il personaggio del poliziotto: sono in troppi a contendersi questo ruolo. Ogni giorno, una ventina di grandi istituti finanziari (Barclays, Deutsche Bank, Hsbc, Bank of America ecc.) stabiliscono il livello del Libor, il quale serve da riferimento a transazioni per un totale di 800.000 miliardi di dollari (sì, avete letto bene e non c’è refuso), segnatamente sul mercato dei prodotti derivati. Davanti a queste somme astronomiche la stampa non finanziaria ha preferito concentrarsi sui peccati minori, a dimensione umana: genitori che incassano gli assegni familiari senza accertarsi che i loro figli vadano a scuola, operai greci che cercano di integrare la misera paga con qualche lavoretto al nero. Che siano dannati! Contro di loro si scaglieranno i fulmini dei governanti e della Banca centrale europea.
Anche se può sembrare un po’ complicato, il caso della manipolazione del Libor non è meno illuminante della celebre scena di Casablanca. Per anni le grandi banche, la cui parola faceva fede, hanno sminuito i tassi di interesse che corrispondevano ai loro creditori, per apparire più in salute e ottenere prestiti a migliori condizioni. A loro volta, i dati falsati di questi tassi hanno determinato quelli del Libor, e quindi dei loro prestiti futuri…
Una volta «scoperta» la frode, il direttore della Barclays si è «ammalato fisicamente» e il 3 luglio scorso ha dato le dimissioni. Anche il governatore della Banca d’Inghilterra sostiene di essersi reso conto dell’imbroglio solo poche settimane fa.
Sono davvero così «sconvolti» di scoprire quegli altarini? Evidentemente alla Barclays e alla Banca d’Inghilterra non si legge la stampa finanziaria. Difatti il 16 aprile 2008 il “Wall Street Journal” aveva pubblicato un articolo intitolato: I banchieri mettono in dubbio un tasso chiave, che esordisce con la frase: «Uno dei più importanti barometri della salute del mondo finanziario potrebbe dare falsi segnali»...
Il nostro mondo è dunque infestato da dati arbitrari o truccati (Libor, «regola d’oro», livello del debito o dei deficit pubblici da non superare…) in nome dei quali si condannano al martirio interi popoli, come oggi in Spagna. I più spietati nell’infliggere questi patimenti dall’alto dell’ufficio di presidenza di una banca centrale incontrollata o di un’agenzia di rating continuano a godere del massimo rispetto.
Anche se a quattro anni dall’esplosione di una delle maggiori crisi finanziarie della storia, i dubbi sull’utilità sociale di queste istituzioni si sono ormai trasformati in certezze.

“Le monde diplomatique”, edizione italiana, agosto 2012

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