20.9.12

I Pirati della Somalia. Chi sono i nuovi filibustieri? (di Fabio Pozzo)

Sul finire dell’anno scorso una notizia scosse: dei pirati somali, nell’Oceano Indiano, avevano condotto con successo un arrembaggio su una nave italiana, saccheggiando e prendendo in ostaggio l’intero equipaggio. Sul fenomeno riprendo da un importante quotidiano una scheda informativa (a domanda e risposta). (S.L.L.) 
Un giovane pirata somalo
Ieri la nave «Enrico Ievoli» è stata assaltata al largo dell'Oman. Quanti sono attualmente i marittimi nelle mani dei pirati somali?
Il 21 dicembre i responsabili dell'operazione antipirateria dell'Unione europea, Atalanta, avevano contato 199 uomini e una donna sotto sequestro. A questi vanno aggiunti ora i 22 membri d'equipaggio della «Enrico Ievoli», assaltata ieri. Dunque, i nuovi filibustieri del Corno d'Africa dispongono della vita di 222 ostaggi. Si discosta di poco l'International Maritime Bureau, che al 16 dicembre indicava 176 ostaggi e 10 navi in mani somale. Nel 2011 sono stati 232 gli attacchi riportabili ai filibustieri somali, 26 le navi sequestrate, 450 i marittimi.

Negli ultimi anni quanti sono stati i marittimi sequestrati dai pirati? E qual è la durata media della prigionia?
Dal dicembre 2008, periodo in cui ha avuto inizio l'operazione Atalanta, sono stati 2.317 i marittimi presi in ostaggio. La durata media della prigionia è di circa 5 mesi, il record è stato 19 mesi.

Ci sono state vittime finora tra i prigionieri? Almeno 60 ostaggi sono morti durante la detenzione. Molti altri sono stati torturati o hanno subito abusi e violenze. Quali sono le nuove Tortuga somale?
Le principali sono Eyl e Harardhere. Eyl è un'antica ansa portuale della regione autonoma del Puntland che dal 2000 e' diventata una delle capitali della pirateria moderna. Più a Sud, nella provincia di Mudugh, c'e' Harardhere: qui, qualche anno fa, c'era la «borsa della pirateria», istituita per finanziare le attivita' dei predoni dei mari. Nel maggio 2010 i membri del partito islamico «Hizbul Islam» hanno conquistato il porto, mettendo in fuga i nuovi filibustieri. Ma la moratoria è durata poco: la petroliera italiana «SAVINA CAYLYN», liberata la scorsa settimana, era tenuta sotto tiro dai pirati proprio nella rada di Harardhere. Chi sono i pirati? Sono per lo più ex pescatori, ma anche contadini, pastori e mercenari agli ordini di signori della guerra costretti a fuggire da Mogadiscio, dove vivevano taglieggiando la popolazione. Per la gran parte sono giovani tra i 16 e i 25 anni, che provengono da tutte le zone della Somalia e che considerano la pirateria un lavoro come un altro. In passato «stagionale»: tornavano a casa durante il periodo dei monsoni, quando il mare diventa più duro; ultimamente sono a tempo pieno e si spostano nelle isole dell'Indiano o nelle basi del Mare Arabico.

Ci sono poi anche trenta-quarantenni, che solitamente comandano le barche. Sono ben visti dalla popolazione somala?
Sì, perché in un Paese come la Somalia in cui l'aspettativa di vita è di 46 anni e un quarto dei bambini muore ad appena cinque anni, i pirati rappresentano un'industria fiorente. Nelle tre capitali della nuova filibusta ci sono negozi, boutique, Internet caffè, bar. Ogni impresa di pirateria vede sorgere decine di chioschi in cui si vendono sigarette, bibite, cibo: qui i pirati, come nella vera Tortuga, si ritemprano dopo l'assalto e si riforniscono durante le estenuanti successive trattative. Solitamente prendono le cose senza pagare e saldano il conto quando ricevono il riscatto. I pirati per i somali sono considerati alla stregua di eroi: sono macchine di denaro e si sostituiscono all'autorità nazionale assente. Come agiscono? Ormai gli assalti avvengono anche lontano dalla costa. Solitamente c'è una nave madre, che fa da base e quartier generale: da qui entrano in azione i commando, a bordo di skiff, piccole barche velocissime, armati di mitragliatori AK 47 e lanciarazzi. I pirati, che si fanno chiamare «jin», diavoli, sparano alcuni colpi per chiarire le loro intenzioni, si arrampicano sulla nave presa di mira, ne prendono possesso sequestrando l'equipaggio. La nave viene dirottata in una rada amica e da qui parte la trattativa per il riscatto.

Come fanno semplici ex pescatori e contadini a gestire quest'ultima fase?
Non si deve pensare a uomini della Preistoria. I capi dei pirati somali sanno usare computer, Gps, gestiscono via Internet transazioni finanziarie e hanno contatti da Nairobi a Dubai per riciclare i proventi degli assalti. E se gli armatori si avvalgono di agenzie specializzate per gestire e pagare il riscatto, così i pirati possono contare su intermediari e probabilmente insospettabili «colletti bianchi» attivi in alcune delle capitali finanziarie del mondo, soprattutto arabo.

Qual è il riscatto medio e quanto «vale» la pirateria?
Il costo medio di un riscatto è di circa 8 milioni di dollari. Nel 2010 sarebbero stati versati circa 150 milioni di dollari in riscatti.

“La Stampa”, 28-12-2011

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