6.1.13

Utensili. Prima di tutto il tirabuscione (di Eugenio Medagliani)

Tra le attività che sono inerenti alla «liturgia» della degustazione del vino vi è l'apertura della bottiglia. A questo compito è destinato il cavatappi o «tirabuscione», come veniva anticamente definito tale utensile, italianizzando il termine francese tire-bouchon.
È da circa tre secoli, ovvero da quando il famoso monaco francese Dom Perignon sostituì il tappo di sughero a quelli di cera o creta, che si cerca di raggiungere l'obiettivo di togliere il turacciolo dalla bottiglia con minimo danno per il liquido in essa contenuto. I primi cavaturaccioli erano dei succhielli del tutto simili a quelli impiegati dal falegname per forare il legno: si avvitava l'attrezzo nel tappo e quindi si ricorreva alla propria prestanza fisica per estrarlo dalla bottiglia. Tale operazione non era sempre di facile esecuzione, e in parecchie situazioni, la colluttazione con il sughero poteva provocare un irreversibile è rovinoso intorbimento del vino. Fu solamente nel 1838 che un certo Thomas Lund brevettò in Inghilterra il cavatappi a doppia vite, che permetteva di infilare la spirale nel tappo e di estrarlo con facilità agendo su di una chiave a farfalla. Da allora si sono succedute numerose varianti, alcune delle quali hanno migliorato ulteriormente l'efficacia di tale utensile: cavatappi a rullino, a due leve e da tasca - il più pratico, forse, ed anche quello impiegato comunemente dai camerieri - nonché le sturatrici a muro, adoperate dai ristoranti con alto smercio di vini. Per renderci conto di quanto sia enorme la varietà dei cavatappi, basti pensare che sia in Francia che in Inghilterra esistono negozi specializzati esclusivamente nella vendita di questi oggetti.

“L’Unità”, 25 giugno 1990

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