26.3.13

2010, papa Benedetto in Spagna. 13.333 euro al minuto (Luis Sepúlveda)

E’ inutile negarlo. Sulla questione della sobrietà, della lotta agli sprechi, quale che sia il suo passato e il suo progetto di governo, il nuovo papa sudamericano ha segnato un punto a suo favore. Se anche si trattasse soltanto di immagine, il messaggio sarebbe comunque chiaro e positivo. Sarà una battaglia difficile, perché l’amore delle pompe in Curia è antico e persistente. Proprio per questo ripropongo dal “manifesto” un bell’articolo dello scrittore cileno naturalizzato spagnolo Luis Sepulveda, scritto in occasione della visita in Spagna del papa Benedetto oramai emerito, che costò assai cara. (S.L.L.)

Questo è un mistero tanto grande quanto il mito della santissima trinità, tuttavia vale la pena porsi qualche domanda al proposito, e me la pongo come cittadino ingannato.
Quest'anno, sulla base dei miei introiti dell'anno passato, ho pagato intorno ai 90 mila euro all'erario spagnolo, e di questo non mi lamento ma non solo: mi sembra giusto pagare imposte in quanto pretendo che la scuola pubblica e laica funzioni, che la sanità pubblica funzioni, che il trasporto pubblico funzioni, che la polizia risponda alle mie domande di aiuto in caso di necessità e che la giustizia sia sollecita. Per questo pago. Nella mia dichiarazione dei redditi, al momento di dichiarare quanto ho guadagnato in modo onorevole e senza sfruttare nessuno, ho cancellato, come sempre, il paragrafo mezzo nascosto che, a meno di non usare la lente, consegnerebbe una parte delle mie imposte alla chiesa cattolica spagnola e al Vaticano, a una religione che considero abietta perché lesiva dei diritti del 50% dell'umanità e delle donne, perché copre gli abusi sessuali sui minori commessi da diverse migliaia di degenerati con la sottana, perché rappresenta la parte più rozza e retrograda della società, e perché tutta la sua storia non si distingue in nulla da altre religioni il cui fondamentalismo oggi ci terrorizza.
Ossia, non ho autorizzato lo Stato spagnolo e neanche il governo socialista a pagare, con i miei soldi, i 13.333 euro - tredicimilatrecentotrentatre! - che è costato ogni minuto del viaggio papale in Spagna. Se è per pagare il combustibile agli Hercules dell'aviazione, lo faccio con piacere se si tratta di portare aiuto umanitario in zone che lo necessitino, o per trasportare i generosi volontari che vanno a dare l'esempio della solidarietà sociale, però non ho autorizzato lo Stato spagnolo né il governo socialista a pagare con i miei soldi il trasporto del «papa-mobile», quell'artefatto trasparente come una vetrina di macellaio dietro al quale si trincera un tipo suppostamente amato.
Un calcolo approssimativo dice che la visita papale in Spagna è costata più o meno 29.8 milioni di euro, e che a questa cifra grottesca si dovranno aggiungere gli apporti degli «sponsor» delle messe. Sulla bianca veste dell'ex-militante della Gioventù hitleriana non si leggerà «questa messa la offre il negozio di don Manolo, le migliori lenticchie», né «usate i preservativi Santa Gomita che non vi tradiranno», tuttavia imprenditori anonimi e pieni di soldi, di quelli neanche scalfiti dalla crisi, e banchieri la cui irresponsabilità ha provocato la catastrofe economica, il brodo di coltura in cui la destra spagnola senz'altre idee che eliminare le provvidenze sociali prepara il suo ritorno al potere, si fregano le mani calcolando di quanto defrauderanno l'erario.
Era necessaria questa visita? Perché? Sarà che i socialisti hanno abiurato il rigore scientifico dell'economia e confidano solo in un miracolo per superare la crisi?
Qualunque abitante di Spagna sa che basta qualche goccia di veleno verbale del cardinale Rouco Varela, l'arcivescovo di Madrid e il presidente della Conferenza episcopale spagnola, perdché i taleban del nazional-cattolicesimo facciano irruzione nelle strade, e se a questo si aggiungono certe riflessioni casuali del leader del Partido popular Mariano Rajoy - «non mi impegno a rispettare la legge sui matrimoni omosessuali» -, è già più che sufficente perché la visita del papa, pagata con le mie imposte e con quelle di tutti coloro che non defraudano il fisco, si sia convertita in un carnevale dell'odio alla libertà, alla costituzione, ai diritti che ci siamo conquistati.
Dalla mia condizione di cittadino truffato, mi sono aggiunto a quelli che, alla vigilia, dicevano: «Herr Ratzinger, ich warte nicht auf Sie». Signor Ratzinger, io non l'aspetto.

“il manifesto”, 10 novembre 2010

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