8.3.13

Che felicità un buon arrosto. Una lettera di Robert Louis Stevenson

A cura di Gabriella Bosco, nell’estate del 1994, uscirono a puntate settimanali alcune pagine dedicate a Robert Louis Stevenson, in particolare ad alcune nuove acquisizioni di manoscritti dello scrittore (testi letterari e testi privati) da parte di un suo appassionato biografo, Michel Le Bris. E’ da una di quelle pagine che ho ripreso la lettera che segue, scritta a 22 anni ad un amico dalla Francia e incline al pessimismo, ma zeppa di una giovanile, desiderante sensualità. (S.L.L.)


Dunblanc, ven. 5 marzo 1872
Mio caro Baxter
Sono salito sin qui stamattina (cinque chilometri, per Dio!, una bella scarpinata per me) e sono passato per uno dei posti che mi piacciono di più al mondo, un luogo che mi è caro nella mente, quando il corpo è immobilizzato, costretto a letto. E' un prato a scarpata su un gomito del fiume (...). Nessuno può essere solo a casa sua o in un posto del tutto nuovo. Bisogna andare mano nella mano con la Memoria, e per un bel po’, se si vuol cucinare correttamente un piatto di Solitudine. Io provo gusto nel fare queste piccole fughe più che in qualsiasi altra cosa, e però non sono davvero felice. La felicità è fatta di bottiglie di birra scura e di arrosto di manzo - a questo proposito, oh come la Memoria ama attardarsi su questa rara delizia: un arrosto di manzo cucinato veramente come si deve. Adesso però sono incredibilmente agitato e inquieto - fino quasi a soffrirne; ci godo, anche, a dire il vero, e tanto ci godrò più avanti (Dio lo voglia) se avrò in sorte un numero sufficiente di anni perchè la cosa maturi in me. Quando sarò molto vecchio, un rispettabilissimo cittadino con i capelli bianchi, i modi affabili e un orologio d'oro, sentirò gracchiare nel mio cuore gli stessi corvi, come li ho sentiti stamattina. Voto per la vecchiaia e 80 anni di evocazione del passato. A ben pensarci però, posso dire che anche una spedizione rapida e una bella tomba verde sono quasi altrettanto desiderabili (...).
Una graziosissima fanciulla è appena passata davanti alla mia finestra, vestita di nero e così mignonne (in francese nel testo, n.d.t.) come te la potresti immaginare tu quando sei più in forma. Ho avuto voglia di correre a baciarla in nome di sua madre. So perfettamente che mano calda, bruna e fondente avrebbe avuto la piccola cara, deve senz'altro averla così, ma il sinistro accompagnatore mi teneva d'occhio. Sembrava che sotto il braccio, al posto di una logora cartella, tenesse tutte le mazze da ufficiale giudiziario e le spranghe da gendarme del fronte della rispettabilità.
Credo di continuare a essere il tuo affezionato amico R. L. S.

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