22.3.13

“Un bestione tutto senso e stupore”. Le confessioni di Margherita Hack

La scuola e l’Università
In seconda liceo avevo un professore sempre intento a squadrarci dalla testa ai piedi per beccare qualche attività sospetta. Una specie di guardia carceraria: io tenevo gli occhi bassi per il gusto di farlo imbufalire e mi divertivo a far finta di leggere sotto il banco. Alla mia ennesima provocazione mi si precipitò addosso come un falco per cogliermi sul fatto. Subito si rese conto che non stavo nascondendo nulla e per rimediare alla figuraccia mi tirò via la cartella da sotto il banco. La aprì e dentro ci trovò il giornale. Alla fine dell'anno ebbe la sua vendetta: mi rimandò a settembre in matematica…
Scelsi lettere perché gli unici laureati che i miei genitori conoscevano erano passati per lettere. Inoltre avevo sempre dimostrato una certa inclinazione per la scrittura: al liceo liquidavo in mezz'ora una traccia per cui avevo tre ore a disposizione e poi mi rintanavo al cesso a riposare. Mi iscrissi a lettere. La prima lezione fu l'unica che seguii. Le tenne un professorone che parlò per un'ora di Pesci rossi, una raccolta di scritti di Emilio Cecchi. Mi annoiai a morte a capii subito di aver fatto un errore madornale. Mi precipitai in segreteria e decisi di cambiare facoltà. Stavolta tutto mi era chiaro: al liceo la mia materia preferita era la fisica. E fisica fu.

Religione, fisica e metafisica
C’è stato un periodo in cui mi vergognavo di essere diversa dagli altri. Andavo al  liceo, ed essere cresciuta aveva ingigantito differenze alle quali sapevo di non dover dare peso. Eppure sentivo qualcosa che mi distingueva dai miei compagni: il credo dei miei genitori, il fatto di essere esonerata dall'ora di religione e il non mangiar carne. Credevo che trovare un compromesso sulla religione avrebbe attenuato l'aspetto della mia «stranezza» che più di tutto mi faceva sentire vulnerabile. Ho fatto anche la prima comunione per sentirmi meno diversa dagli altri, giusto per fare il compitino, senza nessun tipo di fede…
Un mio collega di Merate mi diceva: «Sei un bestione tutto stupore e tutto senso». Mi ritrovo in quella definizione. Non ho mai avuto tormenti metafisici, ma a volte mi meraviglio guardando la vastità di quel che ci circonda. A 90 anni c'è chi mi chiede se ho rimpianti, ma non è un sentimento che mi appartiene. Altri, lo vedo nei loro occhi, vorrebbero sapere perché non ho figli. Credo che la risposta potrebbe lasciarli delusi: Aldo e io non li abbiamo voluti perché non avevamo quella vocazione. Non mi manca non essere stata una madre: non è una cosa che sentivo mia. Da sempre mi attirano di più gli animali che i bambini, non penso sia una colpa.

Da Nove vite come i gatti (con Federico Taddia), Rizzoli, 2012

Nessun commento:

Posta un commento