7.4.13

Il segreto del geco con le dita bagnate (“Le Scienze on line”)

Un redazionale dell’edizione italiana di “Scientific American” informa di una ricerca sulla capacità dei gechi di arrampicarsi su superfici verticali, perfino quando siano bagnate. Sarà per l’antica familiarità coi gechi (tignuseddhi o tignusi, secondo le dimensioni), ma ho trovato il breve articolo molto interessante. (S.L.L.)
Geco dalla livrea chiara della Sicilia meridionale
L'abilità del geco di aderire alle superfici umide varia in funzione della loro composizione chimica. È quanto emerge da uno studio pubblicato sulla rivista “Proceedings of the National Academy of Sciences” firmato da Alyssa Y. Stark, del dipartimento di scienza dei polimeri dell'Università di Akron, in Ohio, che ha analizzato la capacità di adesione a quattro superfici umide e asciutte di sei diverse specie tropicali del piccolo rettile.
L'adesione è il fenomeno per cui due oggetti posti a contatto tendono a rimanere attaccati. La forza che attrae tra loro le due diverse superfici è in realtà la manifestazione macroscopica delle forze attrattive di Van der Walls che agiscono a livello microscopico tra le molecole.
La comprensione sempre più dettagliata di queste forze è fondamentale nel campo industriale per la fabbricazione delle colle, ma interessa anche biologi e zoologi. La straordinaria capacità del geco di rimanere aggrappato a superfici anche completamente lisce, come il vetro, ha stimolato da decenni la curiosità dei ricercatori che hanno studiato la meccanica di adesione delle sue zampe nei suoi dettagli nano- e microscopici, ma sempre in condizioni asciutte. Si sa dunque assai poco di come se la cavi questo rettile in condizioni umide, che sono quelle si trovano molto spesso in natura.
Nel corso della ricerca l'apparato sperimentale progettato da Stark consentiva di muovere la superficie su cui si trovava il geco fino a quando l'animale non iniziava a scivolare. La misurazione del valore di soglia di questa sollecitazione forniva il valore della forza tangenziale che il geco è in grado di applicare alla superficie per rimanervi adeso.
Quando la stessa superficie veniva bagnata con l'acqua, l'effetto sulla forza adesiva cambiava, in funzione della  “bagnabilità” della superficie stessa. Nel caso delle superfici idrofile, come il vetro, su cui le gocce di acqua tendono a perdere la loro forma e a distribuirsi su un'ampia superficie, il film sottile di acqua che rimaneva tra la superficie e il piede del geco diminuiva l'adesione.
Al contrario, su superfici idrofobe, e quindi a bassa bagnabilità, come quelle ricoperte da sostanze cerose delle piante tropicali, le aree di contatto con le dita del geco rimanevano asciutte, e l'adesione complessiva non veniva influenzata dalla presenza di acqua.
Secondo gli autori, i risultati hanno notevoli implicazioni per la progettazione di superfici che consentano di mantenere un alto grado di adesione reciproca anche quando sono bagnate.

“Le Scienze on line”, 4 aprile 2013

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