26.4.13

La professione di eunuco (di Richard Lewinsohn)


Istanbul, Topkapi, Il cortile degli eunuchi neri nell'harem. Foto Dall'Orto

La poligamia in tutte le sue forme e sfumature è, in seno all'Islam, un privilegio dell'uomo. In nessun caso la donna può avere più di un marito e gli deve assoluta fedeltà, anche se questi concede i suoi favori a molte altre donne sotto i suoi stessi occhi.
Questa posizione di estremo svantaggio della donna è stata sempre considerata, persino dagli uomini, in contrasto con la natura e difficilmente sostenibile, e furono quindi necessarie delle misure coercitive per imporla e mantenerla. Era necessario segregare la donna in casa per quanto possibile, e sottrarla, fuori di casa, agli sguardi degli altri uomini, facendola uscire completamente velata.
Entrambe le istituzioni, la segregazione e il velo, sono molto antiche e si possono mettere in relazione con i tabù dei popoli primitivi, ma è superfluo ricercarne le cause mistiche. La gelosia dell'uomo, che esiste in tutti i gradi della civiltà, è un motivo più che sufficiente a spiegare i due metodi, che si integrano a vicenda per rendere la donna invisibile. Nell'Islam essi non rappresentano una particolarità della poligamia e valgono anche per i matrimoni monogami, ma è chiaro che in regime di poligamia il problema di sorvegliare le donne diventa più difficile e richiede dagli uomini misure più drastiche. Benché la segregazione in casa e il velo fuori di casa siano diventati dei precetti religiosi attraverso il Corano, in realtà non hanno carattere religioso e non hanno nulla a che vedere con l'idea fondamentale dell'Islam o con il culto. In apparenza sono mezzi per proteggere la donna dagli sguardi impudichi, in realtà proteggono la fedeltà coniugale, ossia la proprietà sessuale dell'uomo.
Probabilmente, le due istituzioni esistevano già prima di Maometto, sia in Arabia che in tutto l'Oriente, ma i nei paesi più progrediti erano già state abolite o sostanzialmente mitigate. Fu l'Islam che le fece tornare d'attualità e ne introdusse l'usanza anche in paesi dove non erano mai esistite. L'Islam è quindi responsabile di questo crudele e degradante pregiudizio alla libertà personale della donna, che così viene isolata dal mondo esteriore, segregata e occultata come una lebbrosa: non soltanto non deve far vedere il viso, il collo e le braccia, ma è costretta a comportarsi come una sordomuta e, anche in casa, può parlare soltanto con i parenti più stretti e con le schiave.
Per imporre un simile regime di vita a donne che spesso erano ancora quasi bambine, era necessaria una sorveglianza severissima. Si potrebbe pensare che la persona più indicata a questo compito fosse una donna anziana ed esperta, ma l'Islam era di opinione diversa: le donne di fronte alle loro simili non hanno autorità sufficiente e, anche se la posseggono, non ci si può fidare di loro. Le donne sono tutte uguali, amano l'intrigo, il raggiro e la cospirazione. Per sorvegliare le donne occorrono degli uomini, ma naturalmente che non rappresentino un pericolo per le donne, e quindi degli eunuchi.
Ci siamo abituati a considerare questi tutori della virtù dal lato comico, come ci vengono mostrati sulla scena, per esempio nel Ratto del serraglio di Mozart: dei pancioni burberi, maligni, ma in fondo innocui, che finiscono sempre per essere presi in giro dalle donne. Ma la realtà era ben diversa: gli eunuchi erano per lo più brutali e odiosi, e riunivano in sé tutte le cattive qualità di uno spione e di uno sbirro. E anche se non erano tutti così repellenti, l'istituzione resta egualmente una delle più ripugnanti che siano mai state inventate. I guardiani delle prigioni matrimoniali non si erano votati volontariamente al celibato (come i sacerdoti eunuchi dell'antico Oriente), ma erano stati evirati perché non potessero fare ciò che diversamente avrebbero fatto volentieri. Potevano svolgere il loro compito soltanto perché inabili all'adulterio; fisicamente gli eunuchi degli harem erano degli esseri asessuali, ma psichicamente appartenevano alla sfera sessuale che li circondava. Non erano degli asceti, ma uomini evirati, dei minorati sessuali.
A onore di Maometto bisogna dire che egli non ha né inventato né favorito questa istituzione. Nel Corano non se ne parla, e anche le altre fonti dei primi tempi dell'Islam non ne accennano affatto. Questa istituzione compare per la prima volta alla Corte dei califfi di Damasco e di Bagdad, e si mantenne in seguito in tutto il mondo islamico per oltre mille anni, e ancor oggi se ne trovano tracce in alcuni paesi dell'Oriente.

in Storia dei costumi sessuali, Vol.I, Longanesi, 1971

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