14.4.13

La vita bella di Enzo Baldoni, un umbro senza retorica (Paolo Lupattelli)

Sono trascorsi più di otto anni dalla morte di Enzo Baldoni, il pubblicitario e giornalista free-lance umbro che fu ucciso in Iraq durante la sporca guerra di George W. Bush. Per ricordarlo riprendo qui il bell'articolo di Paolo Lupattelli da "micropolis" che ci riporta a quegli anni e tra l'altro ci rammenta, in questi tempi di inciucio, oltre alla bella vita di Berlusconi, anche che cosa è stato il berlusconismo. (S.L.L.) 

E’ passato un mese da quando Enzo Baldoni è stato assassinato nel mattatoio di Baghdad. Per tutto quello che ha fatto e per come lo ha fatto, per quello che è stato detto di lui e di quelli come lui, è diventato un simbolo, una ventata di aria pulita in mezzo alle troppe pestilenze di questi assurdi tempi di guerra. Enzo Baldoni nasce 56 anni fa a Città di Castello. Curioso della vita e del mondo fa il muratore in Belgio, lo scaricatore ai mercati di Parigi, il fotografo a Sesto San Giovanni, l’insegnante di ginnastica, l’interprete e il tecnico di laboratorio, il traduttore dei fumetti di Doonesbury. Infine il pubblicitario: “Faccio il copywriter. Come diceva Walter Mathau in Prima pagina, scrivo poesie su reggipetti e formaggini. Mi piace, è un bel lavoro” . Ci sarebbe tanto da dire su questo personaggio pieno di vitalità, di coraggio, di curiosità, di generosità e di allegria. Eppure scrivere di Enzo Baldoni è difficile. Prima di tutto per rispettare le sue esilaranti ma serissime Disposizioni per un saluto che fanno capire meglio di tante parole il suo carattere, la sua visione della vita. Poi perché grande è il rischio di cadere nella retorica, di ritrarre un santino come spesso avviene nei ricordi. E questo ad Enzo non sarebbe certo piaciuto. Infine, perché a volte le parole non si trovano, ci si sente inadeguati ad esprimere tutto quello che si vorrebbe.
C’è da una parte l’orgoglio di aver avuto la fortuna di conoscere, purtroppo per poco, una persona speciale, un affabulatore ricco di esperienze, d’intelligenza, di disponibilità, di ironia, di entusiasmo contagioso. Dall’altra l’amarezza di non aver potuto approfondire una conoscenza che sarebbe potuta divenire amicizia, di non aver potuto dar seguito ai tanti progetti ventilati, alle tante bevute progettate. Ma se si vuol tentare di capire, di dare un senso alla sua morte le parole bisogna trovarle. Le prime sono di rabbia per le stupide e gratuite provocazioni dei servi sciocchi e guerrafondai che nell’agiatezza delle loro scrivanie caricano le penne di merda e, per soldi e per invidia, sparano su quanto di pulito trovano intorno. A corto di argomenti per sostenere la tesi della missione di pace, della guerra giusta, direttori e redattori con la bandana, soloni e tromboni stonati, non hanno trovato di meglio che ricorrere agli insulti per dare un’immagine distorta di Baldoni e di chi come lui era in Iraq per testimoniare sul campo e non dalle sicure terrazze degli alberghi della zona verde, tutti i casini della guerra. Baldoni è stato descritto come persona avventata, amante dell’avventura, cercatore di scoop. Subdolamente e stupidamente, quasi fosse un’offesa, in molti si sono affannati a dire che era un free-lance, non un professionista. Ma quante lezioni di contenuto e di stile ha dato ai troppi impiegatucci di qualche giornale e di qualche televisione: l’incontro con Marcos in Chapas, l’intervista con il capo dei ribelli di Timor est, il reportage sui guerriglieri birmani, quello sui guerriglieri colombiani che lo sequestrano ma poi finisce che intervista il capo. I più fetenti sono arrivati alla derisione: “uno spocchioso turista per caso che senza conoscere le regole si è spinto in un gioco più grande di lui, uno che in fondo se l’è cercata, un pirlacchione amico dei suoi assassini”. Complimenti per la meschinità. Al contrario, Enzo era un quintale di simpatia, certo trasgressivo, fuori dal comune, scanzonato, ma consapevole dei pericoli e grande scrittore con il senso della notizia. Uno che amava ripetere “come è bella la vita”, non quella comoda e agiata ma quella che si consuma ogni giorno in quei posti dove la vita non vale niente e sembra essere solo un insulto. Per questo si recava nei posti caldi. Per capire e per spiegare, ma anche per agire. La mattina del 19 agosto insieme al suo amico palestinese Ghareeb, Enzo guida un convoglio di medici e volontari della Cri che portano acqua e medicinali a Najaf assediata dagli americani. Prima di partire manda l’ultimo messaggio al suo blog : “Mettiamola così, nelle prossime 24 ore ho la possibilità abbastanza concreta di crepare. Ovviamente non succederà, ma se succederà sappiate che sono morto felice”. Felice perché la missione era riuscita, aveva portato cure e conforto, salvato tanti civili capitati sotto i bombardamenti americani. Questa stupida guerra ci mostra due Italie. Quella spocchiosa, confusa, retorica, egoista, filoamericana del partito della guerra e del petrolio. Quella pulita, coraggiosa, riservata e solidale del partito della pace. Che bella Italia quella di Enzo Baldoni, di Simona Pari e Simona Torretta e di tutti i volontari che in silenzio, senza mai apparire, senza cercare affari e soldi, mettono il proprio lavoro e la propria vita a disposizione degli altri. Che bella Italia quella di Giusy, Gabriella e Guido, la moglie e i figli di Enzo Baldoni, che non piangono in televisione, che non invocano padre Pio, che si dimostrano forti, sereni, orgogliosi, che parlano di Enzo non come di un eroe da avvolgere nel tricolore, ma semplicemente come del babbo. Hanno detto “Enzo non c’è più e nessuno potrà mai ridarcelo, però è anche qui in mezzo a noi. Enzo andava incontro alla vita con un sorriso, continueremo a farlo per lui. Enzo era innamorato della vita, era un inguaribile ottimista. L’insieme di queste cose germoglierà per il mondo e quelle che ci sono dentro di noi stanno già germogliando”. Sta anche a noi, a tutti quelli che credono nella pace, trovare le strade giuste per far germogliare un rinnovato impegno quotidiano. Impegno contro tutti i fondamentalismi sanguinosi, singolarmente e tragicamente complementari tra loro: quello guerrafondaio assassino del terrorismo e quello guerrafondaio degli apprendisti stregoni della guerra preventiva. Impegno prima di tutto per far ritirare subito le truppe italiane, poi per mandare a casa tutti gli avventurieri in bandana che hanno spinto il paese in questo sanguinoso mattatoio. Impegno per far vincere la pace.

“micropolis” settembre 2004

Nessun commento:

Posta un commento