5.6.13

Luigi Ciotti, detto don Ciotti: “Deriva etica. Lavoro umiliato e offeso”

Ritrovo e rileggo oggi le parole di adesione alla manifestazione FIOM di metà maggio di Luigi Ciotti (detto don Ciotti). A me sembra che l’analisi del fondatore del Gruppo Abele e di Libera sia assolutamente condivisibile, soprattutto perché semplice e senza sconti per nessuno. (S.L.L.)

Caro Maurizio e cari amici della Fiom, anche se non fisicamente, il 18 maggio sappiatemi con voi con il cuore e l’impegno.
Già nel titolo, la manifestazione pronuncia la parola chiave per uscire da questo drammatico frangente: diritti.
Prima che economica, questa è infatti una crisi dei diritti, una crisi etica e culturale.
Culturale, perché ha corroso l’ideale che ha ispirato la formazione e lo sviluppo delle moderne democrazie: il riconoscimento del nostro essere diversi come persone e ugnali come cittadini.
Etica, perché ne ha affievolito – o ridotto a mera formula retorica – l’ingrediente essenziale: la responsabilità, la consapevolezza che le nostre vite si alimentano l’un l’altra in un progetto collettivo a cui tutti siamo chiamati a contribuire.
Gli effetti di questa deriva etica e culturale li tocchiamo oggi con mano, e la vostra iniziativa li denuncia tutti: aumento delle disuguaglianze, diffusione della povertà, smantellamento dei servizi sociali, riduzione drastica delle risorse necessarie a garantire la qualità della scuola e dell’assistenza sanitaria, cioè i capisaldi della democrazia. E – a rendere il quadro ancora più scoraggiante – la crescita impetuosa della disoccupazione.
In palese contrasto con l’orientamento della Costituzione, il lavoro è stato umiliato e offeso, spogliato da tutta una serie di garanzie che – ci veniva detto – impedivano di stare sul mercato e conseguire, superate alcune turbolenze, un più diffuso benessere. Che cosa è accaduto lo sappiamo: non solo le turbolenze non sono state superate, ma si sono aggravate al punto da cancellare l’occupazione o degradarla a prestazione occasionale quando non servile. 
Voltare pagina significa allora certo dare all’economia una diversa direzione, a partire da quelle misure che la vostra iniziativa richiede con forza: una più equa distribuzione della ricchezza, una lotta sistematica all’evasione fiscale, un reddito di cittadinanza, una riconversione industriale nel segno delle energie pulite e rinnovabili. Ma al contempo è necessario un grande investimento educativo e culturale. La parola “crescita” non può infatti essere solo sinonimo di ripresa dei consumi e del prodotto interno lordo. Una società cresce, diventa adulta e responsabile, quando diventa capace di prevenire le sue sofferenze, quando sa includere e riconoscere, quando si libera dalla peste della corruzione e riduce le “zone grigie” tra mafie e politica, quando fa della legalità uno strumento di giustizia e non di potere, quando capisce che la prima delle ricchezze è quella che deriva dalla cura e dall’affermazione dei diritti: l’istruzione, la salute, la casa e, appunto, il lavoro.
Voi siete una delle espressioni più belle di questa società che vuole crescere, essere adulta e generosa, mettere l’interesse generale prima di quello individuale e impedire che il diritto di tutti diventi il privilegio di pochi.
Perciò bisogna dirvi grazie, perciò dobbiamo camminare insieme.
Vi sono accanto con Libera e il Gruppo Abele.

(16 maggio 2013)

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