17.7.13

Fuori dal coro, per la morte di Eduardo De Filippo (Valentino Parlato)

Strano coccodrillo, una polemica sulla maschera di Eduardo De Filippo e sulla sua funzione oppiacea, in esplicita polemica contro le tante convenzionali celebrazioni. A mio avviso c’è qualche ingenerosità e qualche esagerazione, ma è il prezzo che talora fa pagare l’andare controcorrente: chi si acconcia al luogo comune, al generale andazzo, non corre siffatti rischi. (S.L.L.) 
L'annuncio della morte di Eduardo ha suscitato emozioni anche nella scettica redazione del “manifesto”, tanto che ieri mattina si è appassionatamente divisa sulla scelta di aprire o meno sulla uscita di scena del grande dei De Filippo. Per dire un luogo comune, questa sarebbe un'ulteriore prova del fatto che la straordinaria maschera di Eduardo continua a vivere.
Ma non mi pare proprio che tutto questo sia positivo e che debba considerarsi positiva la sagra dei buoni sentimenti, delle amare filosofie (o dei cinismi conservativi), — che oggi inonderà la stampa italiana, tutta omologata, dall'“Unità”, al “Giornale” di Montanelli, nel rimpianto del luogo comune nazionale. In un paese, dove i movimenti sono in latenza e ciò che emerge tende irresistibilmente alla malversazione e alla galera, consolarsi con il sindaco del rione Sanità o con la violenza costituzionale (tutto finisce in un buon matrimonio) di Filomena Marturano è, purtroppo, inevitabile. Tutto sommato è questa sigla che Sandro Pertini ha giustamente premiato nominando senatore a vita Eduardo.
Sia chiaro, quel che è in discussione non è il livello dell'uomo di teatro, genialissimo nel riciclare Pirandello, nel coniugare il famoso pernacchio con la traduzione in napoletano della Tempesta di Shakespeare e nella sua attenzione all'Europa. Ciò che è in discussione (dovrebbe esserlo e forse finirebbe per coinvolgere anche la maschera di Eduardo) è il rispecchiamento consolatorio dell'opinione nazionale nella sua filosofia; è l'autoincensamento della buona coscienza della sinistra, che sente le «voci di dentro», le mette in commedia e continua a veleggiare sui venti che soffiano fuori.
Certamente Eduardo esprime il popolo, la sua frustrazione e la sua rabbia molte volte subalterna, ma pur sempre beffarda come, appunto, nel famoso «pernacchio»; rappresenta una viscerale esigenza di giustizia, che cerca vie non statuali, non il maresciallo dei carabinieri, ma il sindaco del rione Sanità. Tuttavia il rischio di identificare la «questione morale» dei nostri tempi nella morale, fondamentalmente conservativa, di Eduardo la sinistra non dovrebbe correrlo. È vero che c'è (o c'era?) una identificazione nazionale nel teatro di Eduardo ed è assolutamente vero che Eduardo è mille miglia lontano dal dialetto o dal folklore; ma il modo in cui questa morale è stata vissuta dalla gente è deprimente: è il relativismo semplificato («e chi lo dice che sia una disgrazia? e perché non potrebbe essere una fortuna?») che porta in superficie l'amarezza del popolo (o del piccolo ceto medio), ma non la rabbia e neppure la ricerca di una scelta. Ma che cosa vuoi scegliere, messo come sei?
L'uscita di scena di un personaggio chiave come Eduardo De Filippo (un uomo autore, attore, regista impresario, vero uomo di teatro come Pirandello e Molière) non è cosa di poco conto per la cultura di un paese, per la sua stessa identità. Con Eduardo dobbiamo fare i conti, ma sul serio, perché la sua era una filosofìa centrale nella cultura corrente, una sorta di cerniera tra il sommerso e il pubblico, tra Mezzogiorno e Italia, tra stato e cittadino. Mai con le guardie, ma neppure mai con l'eversione; in continuo borbottio, tutto centrato sul personaggio più silenzioso delle sue commedie, cioè lui, Eduardo, attorno al quale accadeva tutto, mentre lui stava fermo. Eduardo, visto in questa luce, sembra il rispecchiamento della sinistra italiana, del Pci soprattutto: diffuso in tutte le anfrattuosità del paese, che esprime i malumori delle anfrattuosità, ma che si adatta al paese. Polemizzare, anche in questa giornata, con l'eredità di Eduardo, i suoi infiniti scandagli sulla società, credo sia il modo migliore di prenderlo sul serio e ringraziarlo. La morale di «ha da passa 'a nuttata» non serve più perché le nottate passano sempre e la gente lo ha imparato. Temiamo che gli elogi di oggi a Eduardo servano solo per consentirsi di dormire meglio.

“il manifesto”, 2 novembre 1984

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