19.7.13

Il mistero dei De Filippo (Italo Moscati)

Eduardo, Peppino e Titina De Filippo
ROMA  — Chi poteva sapere? Chi poteva immaginare? Il grande Eduardo, ridotto negli ultimi tempi a nutrirsi di solo latte e miele, stava per morire nel cuore di una calda notte autunnale, mentre era in corso a Roma la presentazione del libro Titina De Filippo-Vita di una donna di teatro (Rusconi pp. 220, L. 14.000), scritto dal figlio di Titina, Augusto Carloni, ex aiuto di importanti registi nel dopoguerra e da anni giornalista parlamentare per il Gr2.
L'ombra del grande fratello si allungava silenziosa, non vista, sul ricordo di Titina, ancora una volta; e nessuno tra gli intervenuti alla presentasione (Giovanni Russo, Antonio Ghirelli) ne aveva il presentimento, anche se i riferimenti a Eduardo, teatrante, figlio d'arte come la sorella, non mancavano. Questa ombra lunga e allampanata, come la figura stessa del celebre attore-autore, è scivolata via. Ma non eclissa Titina, anzi, porta dritti a quello che si potrebbe definire il mistero della famiglia De Filippo.
Perché c'è un mistero della famiglia De Filippo, nonostante i numerosi libri che sono ormai usciti sui tre fratelli e che gli stessi (specie Peppino) hanno compilato o le memorie che a poco a poco affiorano, come nel caso del volume di Carloni, in parte basato sul diario che la madre lasciò senza destinarlo alla pubblicazione.
C'è una commedia di Eduardo Scarpetta, padre dei tre fratelli, intitolata Miseria e nobiltà che rappresenta in sintesi la formula di una straordinaria avventura da palcoscenico. Tutti e tre i fratelli hanno recitato nel ruolo di Peppiniello, ovvero del piccolo che cerca lavoro in casa di ricchi possidenti e finisce per ritrovare i genitori in una cameriera abbandonata dal marito e in un intruso travestito da aristocratico al solo scopo di sedersi comodamente a tavola. Peppiniello è un personaggio forse minore e comunque significativo. Da un lato, perché costituisce una sorta di banco di prova per gli esordienti (l'aspirante attore deve avere quattro anni) e per chi, come i De Filippo, aveva già segnata la carriera dal momento della nascita. Da un altro lato, perché conduce ad un intrecciarsi quasi simbolico di miseria e nobiltà. Miseria di teatranti in cerca di pubblico e di soldini per sbarcare il lunario; e nobiltà di artisti convinti di poter aiutare la gente a vivere meglio con il gusto di forme trasfigurate di realtà autentica, presa a prestito nei quartieri popolari e nei salottini piccolo borghesi.
Gloria, stima, benessere sono il frutto dell'intreccio. Ma può bastare la cima di un iceberg impastato di talento e di umanità, a spiegare «tutto» sui fratelli De Filippo? Evidentemente, no.
Se Eduardo non ha mai voluto parlare della sua vita, rifiutandosi sdegnosamente alle varie proposte che gli sono state fatte, prima Peppino e ora Titina aiutano a districarsi. Peppino nel suo libro Una famiglia difficile toglie il sipario su un interno solcato da sordi rancori per la presenza di un padre (Eduardo Scarpetta) chiamato zio dai figli, per ragioni di «convenienza» sociale. Scarpetta, trascurando la vera moglie, si era unito ad una nipote che gli aveva dato tre ragazzi, isolata dal mondo, chiusa praticamente sempre entro le pareti domestiche in attesa dell'arrivo dell'uomo molto più anziano di lei.
Ecco: è la famiglia, il nodo della questione. I tre De Filippo vi apprendono l'arte ma, ognuno a suo modo, anche un atteggiamento complesso e inquieto verso la vita. Fra gli stessi fratelli i problemi e i sogni del teatro prendono il colore dei rapporti personali, a volte rosa, il più delle volte rossi, in alcuni casi rosso fuoco. La passione artistica s'incendia per le passioni umane. La tradizione familiare di tanto teatro napoletano conosce traumi e contraccolpi, oltre a quelli derivati dal trascorrere della storia (la vicenda dei tre fratelli occupa quasi tutto il nostro secolo). Sono gli episodi d’amore e d’odio una scuola di esistenza. 
Titina fra i tre fratelli è stata la più dolce e tranquilla, la più pacata, cercando invano talora di mettere pace fra Eduardo e Peppino, pur conservando quel carattere forte di cui diede la dimostrazione pubblica nell'indimenticabile Filumena Marturano. Anzi, è, a Titina. che aveva sposato un compagno di lavoro (Pietro Carloni), e al figlio Augusto che si deve la versione meno congestionata, serena, di quella che è stata una saga familiare ben nascosta dietro le quinte.

“Tuttolibri – La Stampa”, 3 novembre 1984

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