5.7.13

La pratica della speranza. Il socialismo rivoluzionario di Walter Binni (Maurizio Mori)

La prima manifestazione perugina per il centenario della nascita di Walter Binni si è svolta il 4 maggio 2013 nella sala dell’ex oratorio annessa al Museo Archeologico, subito dopo la dedica al grande italianista di una rotonda in una importante arteria cittadina. L’incontro intitolato Un protagonista del Novecento aveva al centro il volume appena edito da “Il Ponte”, La protesta di Walter Binni. Una biografia, opera di Lanfranco Binni.
Gli atti del convegno saranno disponibili prossimamente in un "quaderno" dedicato al centenario. Stralci da alcuni interventi sono stati pubblicati da "micropolis" di fine maggio. Qui riprendo, appunto, la parte della relazione di Maurizio Mori diffusa dal mensile umbro. (S.L.L.)

Walter Binni, il 4 novembre 1997, cioè solo pochi giorni prima della sua morte, chiude una sintesi delle propria autobiografia, iniziata nel 1993, con uno scritto cui dà titolo Perugia nella mia vita. Quasi un racconto. E dice di sé: “disorganico alla classe borghese in cui mi ha posto assai marginalmente la mia condizione sociale, radicato dalla vecchia classe giustamente battuta da cui sostanzialmente provengo, scomodo, ma pertinace e volontario alleato della classe proletaria […], allontanatomi da tanto tempo dalle formazioni partitiche socialiste in cui ho militato sempre più con difficoltà e contrasti, ma non dalla “sinistra”, vivo e soffro la condizione di un intellettuale assolutamente disorganico e sradicato, anche se ostinatamente proteso e attento ad ogni segno di cambiamento rispetto alla società attuale in cui sono costretto a vivere”.
Così il socialista Walter Binni è delineato; meglio, in tempi in cui la parola ‘socialista’ sta suonando dispregiativa, è delineato il socialismo di Walter Binni: la spinta ideale, i suoi obbiettivi, i suoi alleati, la sua classe di rifermento.
Binni darà un contributo importante, durante il fascismo, alla costituzione del movimento liberalsocialista, la cui prima elaborazione politico-culturale avvenne proprio a Perugia ad opera di Capitini e di antifascisti intorno a lui già saldamente riuniti. Un liberalsocialismo che, per Binni e Capitini, implicava la volontà di fondare un socialismo tanto radicale quanto realizzato in forme di democrazia dal basso, lontano da posizioni di “terza forza”: il problema al centro è la libertà nel socialismo, non quello socialdemocratico del socialismo nella libertà.
Alla nascita, nel 1942, del Partito d’Azione, Binni si lega a forze socialiste, per entrare nel ’43 nel ricostituito Partito socialista. E’ il Psiup, nato dalla confluenza nel Psi, del Movimento di Unità Proletaria dove sono presenti giovani forze di sinistra critica, vicine al luxemburghismo, molto attive nella Resistenza.
Alla ripresa dell’attività politica dopo la liberazione di Perugia si trova costruttore di partito e dirigente dell’allora Psiup impegnato nella pratica di una speranza democratica e socialista. E’ un partito percorso da tante vene fresche e ricche, ma è anche un partito frenato da uno scontro tra correnti social-democratiche  e forze che fanno di uno stalinismo subalterno la ragione di vita.
Binni si batte per quella che sarà la sua costante, per un “socialismo rivoluzionario”: un partito rivoluzionario e democratico andrà ripetendo nelle piazze dell’Umbria durante la campagna elettorale del 1946 che lo porterà a sedere sui banchi dell’Assemblea Costituente. “Rivoluzionario, socialista rivoluzionario” fino agli ultimi giorni, quando chiede che al suo funerale sventolino bandiere rosse. […]
Un ultimo ricordo, fra i tanti, della dura intransigenza di Binni, del suo essere, fino a tarda età, un inconciliabile. Nel 1983 si dimette da presidente della Commissione scientifica del Centro nazionale di studi leopardiani di Recanati, contro la direzione autocratica di un locale notabile democristiano risultato iscritto alla P2 di Licio Gelli. Se ne va sbattendo la porta, con una lettera dura: “Proprio anche per il mio legame personale con Giacomo Leopardi non voglio più avere a che fare con lei, con il ‘borgo selvaggio’, con la sua gente ‘zotica e vil’. ”
Questo è stato il socialista Binni; mi piace più dire questo era il socialismo di Binni. Che, scrivendo di ‘ricordi’ dirà della “volontà persuasa di contribuire, anche nel nostro Paese, alla costruzione, pur così difficile, di una società che realizzi l’esito positivo del dilemma luxemburghiano ‘o socialismo o barbarie’.”

"micropolis", maggio 2013

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