7.8.13

La vedova Poirot. In morte di Agatha Christie (Carlo Della Corte, 1976)

Diciamo la verità: la morte di un giallista appare sempre improbabile, quando abbia varcato le soglie del grande successo. Mortale come noi, pure siamo abituati a vederlo sopra di noi, impegnato a smistare i destini terrestri dei nostri simili, ad accorciarli o allungarli a piacere, grazie a momenti di capricciosa generosità o sublime efferatezza. Quasi una divinità omerica che scelga dall'Olimpo, con un semplice cenno, nel groviglio delle opposte schiere, i suoi spesso non rassegnati martiri.
E invece, come abbiamo imparato qualche settimana fa con Rex Stout, l'autore di Nero Wolfe, morto ottantenne, e ora con Agatha Christie, scomparsa a 85 anni, nella sua casa presso Oxford, anche questi spesso gentili e quasi sempre geniali carnefici hanno in comune con le loro sciagurate vittime le Parche, con le forbici alzate, pronte a recidere il filo invisibile che tutti sostiene.
Curiosamente, la signora Christie è caduta insieme con il suo grande personaggio, Hercule Poirot. E’ appena apparso in Italia, nei « Gialli Mondadori », il romanzo Sipario, nel quale Agatha aveva fatto morire, dopo la risoluzione di un'ennesima avventura, il suo detective belga dalla testa a pera e dai baffi impeciati. Scritto trent'anni fa, Sipario era stato posto nella cassaforte dell'editore inglese con l'avvertenza che la sua pubblicazione sarebbe avvenuta solo dopo la morte dell'autrice. E invece la stanca mano della vecchia giallista lo aveva appena tolto dal forziere: doppio funerale, quindi, per Hercule e per Agatha. Un giallo che si rispetti, d'altronde, deve sempre contare almeno su due morti. Il fiuto della Christie, che si fingeva svagata e incapace di spiegare ai critici e lettori la gestazione dei suoi perfetti marchingegni polizieschi, non ha fatto cilecca nemmeno questa volta.
Eppure questa vecchietta non molto socievole, nemica della mondanità e delle interviste, nata nel 1890 a Torquay, nel Devon, da padre americano e madre inglese, era una scaltrissima quanto affabile calcolatrice, che sotto i suoi cappellini da Arsenico e vecchi merletti nascondeva una proditoria intelligenza degna del dottor Frankenstein e un'astuzia finanziaria che le avrebbe potuto invidiare anche Paul Getty.
I suoi gialli, privi di effettacci, dosatissimi negli ingredienti, di ottima marca britannica, hanno del resto speditamente marciato quasi sempre verso l'implacabile epilogo che svelava come la molla del dramma fosse spesso e volentieri l'avidità di denaro, una molla tipicamente legata a una società mercantile, rispettosa e rispettabile solo se si guarda alle sue apparenze. E i suoi assassini, la Christie, li sceglieva pirandellianamente tra personaggi capaci di ostentare innocenza o addirittura bontà, mostri dalla doppia vita, perché la candida vecchia signora era afflitta da un tetro pessimismo, convinta che i semi del male fossero sparpagliati dappertutto. anche fra i gigli, pur lasciando stingere anche le più drammatiche fosche tinte nelle mezze tinte dello humour.
Nel 1926, questa ritrosa donna fu abbandonata dal marito, il signor Archibald Christie, ufficiale d’aviazione, dal quale aveva avuto la figlia Rosalind. Visse la sua unica avventura romanzesca: lo choc dell'abbandono le provocò una spaventevole am
nesia. Sparì. Fu cercata da stuoli di poliziotti e trovata dopo una decina di giorni in un alberguccio dove aveva firmato il registro con il nome della femmina che le aveva rubato Archibald.
Si consolò con Hercule Poirot, che a nostro avviso fu il suo solo e vero marito, le cui prime avventure erano apparse nel 1916, riprendendo a scrivere con lena. Da allora, fino a poco tempo fa, sfornò con ritmo alluvionale due romanzi all'anno.
Nel 1930, un altro uomo in carne e ossa, l'archeologo Max Mallowan, si piazzò in punta di piedi nella sua vita, sposandola in seconde nozze, senza temere l'invadente fantasma di Poirot (nessun gentiluomo inglese teme gli spettri). Forse per smussare la gelosia dell'archeologo, nello stesso 1930 Agatha creò un'eroina femminile, miss Marple, vecchietta di provincia, ingenuotta ma al tempo stesso più sagace di un ispettore di Scotland Yard nello scoperchiare le pentole dei delitti: una vecchietta con la quale avrebbe finito per coincidere, agli occhi dei lettori, la stessa autrice, incalzata dal trascorrere degli anni.
Coltivatrice di rose e golosa mangiatrice di mele, « la regina del delitto » ha avuto un successo mondiale vincendo, grazie alla roulette della sua sterminata fantasia, miliardi a palate. Un centro quasi a ogni colpo. Da 24 anni ogni sera a Londra va in scena, a platea piena, la sua commedia Trappola per topi. Una commedia e un film universalmente noti, Dieci piccoli indiani, furono desunti da un suo romanzo senza Poirot e senza miss Marple. L'amabile, schiva e geniale signora Christie (nata Miller) aveva come pochi scrittori contemporanei una strepitosa sintonia con il suo pubblico.
Gli ha tolto Poirot, l'idolo preferito, nel momento in cui il sipario calava anche su di lei, forse presentendo che una drammatica coincidenza avrebbe dilatato ancor più il successo della sua ultima avventura. Inoltre, Agatha poteva lasciar vedovo l'archeologo, ma non il suo Hercule.

“Tuttolibri – La Stampa”, 14 gennaio 1976

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