4.9.13

MUOS-2, GPS III, F-35. «Sicurezza» garantita dalla Lockheed (Manlio Dinucci)

Architettura del sistema MUOS-2
Prototipo del satellite GPS III
Bombardieri F-35 in volo di addestramento
Il satellite più pesante (quasi 7 tonnellate) finora lanciato con un razzo Atlas: è il Muos-2, messo in orbita pochi giorni fa da Cape Canaveral. La costellazione di cinque satelliti, di cui due già in orbita e funzionanti, sarà pienamente operativa nel 2015, annuncia la Lockheed Martin, principale contrattista del Mobile User Objective System, il sistema di comunicazioni di nuova generazione, «elemento critico della sicurezza nazionale Usa».
Attraverso le grandi antenne paraboliche di quattro stazioni terrestri, di cui una a Niscemi, collegherà le unità navali, aeree e terrestri mentre sono in movimento, in qualsiasi parte del mondo si trovino. La Lockheed Martin comunica anche di aver messo a punto il primo dei nuovi satelliti Gps III per la U.S. Air Force, che dal 2014 renderanno cacciabombardieri e droni ancora più letali.
Sempre la Lockheed Martin dà due importanti notizie sul caccia F-35, di cui è principale contrattista. Ha appena consegnato il centesimo dei 3mila sistemi di puntamento elettro-ottico, che garantiscono «la sicurezza dei piloti» permettendo loro di focalizzare gli obiettivi a grande distanza e di lanciare missili e bombe a guida Gps e laser restando fuori dal raggio d’azione di chi è attaccato. E alla base aerea Eglin in Florida, dove 28 F-35 hanno già effettuato 2.300 ore di volo, è entrato in fase di addestramento il centesimo pilota.
Secondo il programma, saranno formati qui ogni anno, nel centro di addestramento Lockheed, 100 piloti e 2.200 addetti alla manutenzione. Compresi gli italiani, addestrati all’uso dei caccia a decollo convenzionale e di quelli a decollo corto e atterraggio verticale.
L’Italia – conferma la Lockheed Martin senza alcun dubbio sull’esito della decisione parlamentare – riceverà 90 caccia F-35 in queste due versioni, che permetteranno alle sue forze di «atterrare praticamente ovunque, comprese basi, piste danneggiate, località remote e navi con capacità aeree». Delinea così lo scenario in cui saranno impiegati gli F-35 italiani. I piloti, formati (anche mentalmente) negli Stati uniti, saranno collegati attraverso il Muos alla catena di comando del Pentagono, che assegnerà loro gli obiettivi da colpire in località remote (Medio Oriente, Asia, Africa). Grazie ai nuovi satelliti Gps III e ai sistemi di puntamento elettro-ottico, sganceranno bombe e missili a grande distanza dagli obiettivi, rientrando sani e salvi alla base. Dopo le prime ondate di attacco, anche gli F-35 italiani a decollo corto e atterraggio verticale potranno atterrare su basi e piste danneggiate, aprendo la strada alle forze d’invasione.
L’eventuale risposta missilistica del paese attaccato potrà essere neutralizzata, assicura il Pentagono, grazie al nuovo radar ad alta risoluzione An-Tpy-2, costruito dalla Raytheon, che verrà fornito anche agli alleati europei. È un radar che, essendo «rapidamente dispiegabile in posizione avanzata» a ridosso del paese attaccato, rafforzerà lo «scudo anti-missile» che gli Usa stanno realizzando per la «sicurezza» dell’Europa. Lo avrà anche l’Italia mentre andrà all’attacco con l’F-35, definito dalla Lockheed Martin «il caccia di quinta generazione che garantirà la sicurezza della prossima generazione italiana».
Vale quindi la pena di spendere 14 miliardi di euro in denaro pubblico per i 90 F-35, che potrebbero essere anche di più, come ha preannunciato il ministro Mauro. I sacrifici di oggi serviranno a garantire la «sicurezza» di domani. Nell’avamposto da cui partono le «guerre umanitarie» dell’impero.


“il manifesto”, martedì 23 luglio 2013

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