Einstein ed Oppenheimer |
L'ultimo pamphlet di Gilberto
Corbellini pare fatto apposta per colpire. Già il titolo (Scienza, Bollati Boringhieri) è monolitico. La collana, poi, si
chiama «i sampietrini». E l'autore, storico della scienza e firma prestigiosa
delle pagine scientifiche del supplemento domenicale del «Sole 24 Ore», non si
tira indietro quando bisogna difendere il lavoro dei ricercatori dalle
calunnie, dalle ingerenze e dai pregiudizi di cui è vittima.
Anche lo stile ricorda l'arringa,
visto che in ogni capitolo viene confutato un diverso pregiudizio nei confronti
della scienza. Ad esempio, a chi afferma «La scienza non spiega tutto» o «Gli
scienziati sono divisi», per Corbellini è fin troppo facile rispondere: e meno
male. Certo che gli scienziati litigano tra loro, li paghiamo proprio per
abbattere le teorie altrui e sostituirle con altre più valide. Gli scienziati
commettono errori, come i politici e i cardinali, ma dispongono di un metodo
condiviso per metterli a frutto e migliorarsi.
Altrettanto facilmente l'autore
ribatte all'accusa di «riduzionismo», cioè di analizzare un fenomeno isolando
gli elementi costitutivi e trascurandone l'interazione. Dunque, la scienza
sarebbe inadatta a studiare sistemi dotati di qualche complessità? Anche qui ha
ragione Corbellini: a forza di ripeterlo, «complessità» è diventata
un'insopportabile parola passe-partout . Il riduzionismo, secondo Corbellini,
serve a combattere la tendenza naturale delle nostre strutture nervose,
dimostrata dalla letteratura neurobiologica, a creare schemi di pensiero
complessi ma ingannevoli. Lo si critica soprattutto perché è scomodo, quindi.
Come in un videogame, i nemici della scienza propongono livelli di difficoltà
variabile.
Ecco dunque, al terzo capitolo,
l'accusa «costruttivista», sinonimo di «relativista» e «postmodernista». C'è
chi considera la scienza uno dei tanti sistemi conoscitivi sviluppati dalla
società, da studiare con i metodi della sociologia più che della logica.
Secondo l'autore, il costruttivismo non è così lontano dall'anti-razionalismo
clericale: «Non è un caso che quando Joseph Ratzinger giustifica il punto di
vista di Bellarmino nella battaglia della Chiesa contro le idee di Galileo,
citi proprio Feyerabend», l'epistemologo che sosteneva il pari statuto
epistemologico tra astrologia e astronomia. Corbellini lascia però da parte
altri filoni di pensiero costruttivisti - dal Michel Foucault di Sorvegliare e punire agli «epistemologi
della domenica» che con Marcello Cini scrissero L'Ape e l'architetto - secondo i quali la natura sociale
dell'attività scientifica non intacca la validità dei suoi risultati.
D'altronde, molti esponenti di questo pensiero provenivano dalle scienze «dure»
(Cini e compagni erano fisici) e non hanno mai tifato per i cartomanti.
Nel resto del testo, Corbellini
difende la scienza dalla cattiva politica che vorrebbe usarla o bloccarla a sua
convenienza. «La scienza è il software della
liberal-democrazia», senza l'una non saremmo giunti all'altra. La tesi è
corroborata da citazioni dalla neurobiologia evoluzionistica più recente, che
Corbellini maneggia con destrezza e notevole spirito divulgativo. Con meno
dettaglio, invece si sofferma sull'altra faccia della medaglia: il mercato e le
sue regole spesso interferiscono con il metodo scientifico, che si fonda sulla
riproducibilità e sulla condivisione dei dati tra rivali. Le distorsioni
indotte dai brevetti in alcuni settori di ricerca lamentate dagli scienziati
stessi sono solo uno dei conflitti più noti tra le regole del commercio e
quelle dei ricercatori. Corbellini è abile, dunque, nel difendere la scienza
dagli attacchi esterni, ma sorvola sulle debolezze strutturali della comunità
scientifica. Spesso sono proprio gli scienziati ad alimentare le tendenze
oscurantiste che egli combatte. Anche quelli che tuonano contro le frequenti
truffe scientifiche, in cui persone gravemente malate cadono vittima di
praticoni senza scrupoli, un tema che a Corbellini (giustamente) sta molto a
cuore. Una cosa, infatti, è denunciare le truffe; altro è sconfiggerle.
Nel 1998, il colpo di grazia al
«metodo Di Bella» provenne dalla sperimentazione organizzata dall'allora
ministro Bindi. Certo, si trattò di una deroga temporanea al metodo scientifico
avversata da ricercatori e medici, unanimi sull'inefficacia della terapia
«sperimentale». Ma negare una chance alla «cura Di Bella» ne avrebbe forse
alimentato il consenso. Una riflessione su quel caso sarebbe stata utile, per
evitare nuove truffe scientifiche come quelle sulla legge 40 (che impone alle
donne di sottoporsi a terapie potenzialmente dannose) o sulle cellule staminali
del metodo Vannoni che, si spera, verrà dimenticato dopo i test clinici
predisposti dal ministro Lorenzin.
Che non tutti i ricercatori siano
esenti da critiche, lo ammette lo stesso autore: «Una parte della comunità
scientifica ha rifiutato in modo anche arrogante di interrogarsi sull'origine
delle resistenze culturali nei riguardi della scienza». La Scienza da salvare,
cui si riferisce Corbellini, non sembra dunque coincidere con l'attività
complessiva della comunità scientifica, ma con quello di una sua parte. Rimane
da capire se, nello spiegare cosa sia la scienza e perché vada difesa, sia
davvero possibile separare i buoni dai cattivi. O se non sia più utile, per
migliorare il rapporto tra scienziati e cittadini non esperti, presentare la
comunità scientifica coi suoi chiaroscuri. Qualcuno forse ne rimarrebbe deluso.
Ma se la scienza è davvero il software della democrazia, è bene dare a tutti la
password.
“il manifesto” 24 luglio 2013
La nuova edizione di "Light" si terrà il 27 settembre, dalle 17 alla 1 di notte a al Planetario e Museo della Civiltà Romana dell’Eur a Roma e a Napoli alla Città della scienza. Il tema di Light 2013 sarà "What's up with science" cioè "Che c'è di nuovo nella scienza".
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