E' morto il mese scorso, l'otto settembre credo, Alberto Bevilacqua. Ho letto pochissimo di lui e quel che ho letto non mi è piaciuto, mentre non mi dispiacque La Califfa, il film tratto da un suo romanzo del ciclo parmigiano; tuttavia da certi suoi interventi giornalistici e televisivi mi sono convinto che di calcio ne capisse, il che in realtà vuol dire soltanto che il suo modo di leggere il calcio ha qualche somiglianza col mio.
Il brano che segue, tratto da un profilo di Falcao in un volume di minibiografie, è la sua sprezzante risposta al coro di laziali, nostalgici di Pelè e saputelli vari, che qualche mese dopo il suo acquisto da parte della Roma, continuavano a parlare di prezzo troppo alto e di possibile bidone a proposito del grande calciatore brasiliano. E' dedicato, in un momento di loro grande felicità sportiva, ai miei amici romanisti (me ho di molto cari: Stefano, Vincenzo, Mario), ma anche al ricordo della Roma che trovò in Falcao il massimo interprete, della "zona" e del centromediano metodista, la Roma del Barone Liedholm, della grande riforma che egli avviò andando molto oltre quel "catenaccio" che pure aveva a lungo giocato con efficacia nel Milan di Rocco. (S.L.L.)
Ai miei cari vicini sembra ovvio
che anch'io tiri le fila dei loro discorsi, sostenendo che il miliardo e mezzo
pagato per Falcao è uno scandalo.
Invece, mi salta di deluderli.
Gli descrivo
Falcao, che ho visto giocare, perfettamente in linea con il falco, anzi il
falcone, che il suo nome ricorda.
Gli spiego che egli sa volare, in campo, con
una grazia all'altezza del Nurejev di dieci anni fa; che il suo corpo snello ed
armonioso sprigiona vita e voglia spettacolare da ogni poro.
Sergio Valentini, Paulo Roberto Falcao in Perché loro, Laterza, 1984
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