5.10.13

L' enciclopedico Atanasio (di Giovanni Maria Pace)

Che bel mestiere quello di Silvio Bedini, funzionario della Smithsonian Institution, il complesso di musei americani che raccoglie oltre cento milioni di oggetti. Ora, per esempio, sta inseguendo una mummia egiziana che apparteneva alla collezione del cardinale Flavio Chigi - fu forse la prima mummia portata a Roma, nel 1660 - e attualmente dovrebbe trovarsi a Dresda, sopravvissuta chissà come agli incendiari bombardamenti dell' ultima guerra.
Una volta, raccogliendo armi antiche, Bedini si imbattè in uno strano orologio senza lancette, che acquistò per pochi dollari. Era l'orologio silenzioso che i fratelli Campani avevano costruito per l'insonne papa Alessandro VII, con una lampada a olio che girava dietro il quadrante traforato per segnare discretamente le ore.
Silvio Bedini che, nonostante il nome, ha più familiarità con la lingua inglese che con quella italiana, si è fermato a Roma in questi giorni, catturato dalla sua grande passione: la scienza italiana del Seicento, uno "scenario" in cui principi e prelati si muovono con l'eleganza dei dotti mecenati, contribuendo a quell'ultima grande sintesi del sapere che precede la frammentazione moderna.
La ragione specifica della sosta di Bedini nella capitale è stato il seminario su Athanasius Kircher, il gesuita di origine tedesca, l'erudito che per sfuggire alle persecuzioni della Guerra dei Trent'Anni approdò a Roma nel 1635 e qui operò fino al 1680, anno della morte. Il seminario su Kircher, che si è concluso l'altro giorno all'Istituto dell'Enciclopedia Italiana, dovrebbe preludere - secondo una proposta di Giulio Macchi accettata dal Comune di Roma - a una mostra al Collegio Romano dove ebbe sede il museo kircheriano: la più importante collezione scientifica italiana, e forse europea, dell' epoca.
Nella "Roma triumphans" della Controriforma, padre Kircher disponeva di una risorsa che farebbe invidia alla pur potente Smithsonian di Bedini: l'organizzazione su scala mondiale della Compagnia di Gesù. Nel quartier generale della Compagnia, al Collegio Romano, affluivano missionari dai quattro angoli della terra recando oggetti, reperti, testimonianze. E nella centrale romana di accumulazione del sapere, l'enciclopedico Kircher costruì il famoso museo, poi disperso, come quasi tutte queste collezioni, nell' Ottocento.
Athanasius si occupava delle più diverse discipline, dalla fisica all' egittologia, dalla geografia alla musica, quasi sempre mischiando brillanti illuminazioni con errori grossolani. Nei suoi quarantaquattro volumi (ne scriveva uno all' anno) si intrecciano spunti di razionalità galileiana e pregiudizi alla don Ferrante, non mancando, nel cocktail, quella dimensione fantastica, quasi surreale, che oggi tanto affascina. Nel suo mondo prodigioso e imprevedibile c'è però un filo conduttore: la divinità, la quale si manifesta nelle armonie che reggono il tutto: armonie magnetiche, matematiche, musicali. Nel "Magneticum Naturae Regnum", l'attrazione terrestre, la gravitazione universale, le simpatie e antipatie che dominano il regno animale sono ricondotte all'unica fonte dell' amore divino, che lega il mondo con "nodi segreti". Il suo museo romano, come del resto quello milanese e coevo di Manfredo Settala, ha le caratteristiche, insieme, dell'esposizione scientifica, con strumenti funzionanti, della collezione antropologica e della "Wunderkammer", la camera delle meraviglie, che è un po' la versione nordica e teatrale del museo scientifico all'italiana.
Al seminario kircheriano qualcuno ha ricordato, accanto ad audaci stravaganze (come l'idea, sostenuta dal gesuita, che la Torre di Babele, per l'altezza e la concentrazione del peso, sarebbe riuscita a rovesciare la terra), momenti di grande lucidità. Gli studi di matematica e di musica di Athanasius sono uno dei presupposti, non solo teorici ma filosofici, del lavoro di Bach, in cui struttura ed emozione si amalgamano perfettamente: "irrazionale e razionale possono coesistere su differenti livelli", come scrive Douglas Hofstadter nel suo notissimo best-seller su Goedel, Escher e Bach. Silvio Bedini è, inutile dirlo, entusiasta dell'iniziativa romana. L'idea di ritrovare i pezzi della collezione kircheriana e magari di rimettere insieme il famoso museo esercita sul "custode dei libri rari" - questa è la sua qualifica alla Smithsonian Institution - una forte attrazione. Per uno studioso come lui, che viene da un paese dalla breve storia, i giacimenti di opere del passato, l'immenso patrimonio di testimonianze negletto e sepolto nei sotterranei dei palazzi italiani, è una vera terra promessa.

“la Repubblica”, 11 maggio 1985


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