7.11.13

L’eterna Austen. Due secoli di “Orgoglio e pregiudizio” (Richard Newbury)


«E’ una verità universalmente riconosciuta, che uno scapolo in possesso di un’ampia fortuna deve avere bisogno di una moglie». Questa premessa di Jane Austen a Orgoglio e pregiudizio fu la prima cosa a catturare l’occhio dei lettori 200 anni fa. Da allora l’opera non è mai uscita dai cataloghi, ha venduto venti milioni di copie in 28 lingue, solo in italiano ci sono state 60 traduzioni dal 1932! E la frase iniziale è tra le più conosciute di tutti i romanzi in tutte le lingue.
Nella sua lusinghiera recensione del 1813, Sir Walter Scott riconosce va al romanzo «l’arte di copiare la natura com’essa è realmente nel comune cammino della vita, e di presentare al lettore, invece degli splendidi scenari di un mondo immaginario, una corretta ed emozionante rappresentazione di ciò che avviene giornalmente intorno a lui (...). Restando ancorata ad avvenimenti comuni, e a personaggi che percorrono i comuni sentieri della vita, Jane ha prodotto schizzi di un tale spirito e di una tale originalità da non farci mai rimpiangere l’emozione che deriva dal racconto di eventi insoliti,che traggono origine dall’osservazione di menti, modi e sentimenti molto al di sopra dei nostri. Jane si limita alle classi medie della società, i suoi personaggi più insigni non sono molto più in alto di gentiluomini e gentildonne di campagna bene ducati; e quelli che sono descritti con più originalità e precisione appartengono a una classe piuttosto al di sotto di questo standard».
Per Virginia Woolf, un secolo più tardi, «una di quelle fate che stanno attorno alle culle deve aver portato Jane in volo intorno al mondo appena nata. A 15 anni aveva poche illusioni sugli altri e nessuna su se stessa. Tutto quello che scrive è rifinito e pulito e posto in relazione non con la canonica dove viveva ma con l’universo».
All’anacronistica lagnanza di George Steiner negli Anni 60 –secondo cui «al culmine della rivoluzione politica e industriale, in un momento di straordinaria attività filosofica, Miss Austen scrive romanzi quasi extraterrestri rispetto alla storia» - il devoto adepto di Jane che io sono replica che una delle sue gentildonne beneducate non si sarebbe mai riferita direttamente a questi argomenti, eppure esse vi alludono nella battaglia per la vita o la morte tra Rivoluzione francese e Rivoluzione industriale e in personaggi come l’ufficiale Wickham o il gentiluomo Darcy, al quale le miniere di carbone garantiscono una rendita annuale di 10 mila sterline, o Mr Bingley con le sue fabbriche. Austen racconta al nipote che lei lavora «con un pennello sottilissimo su un pezzettino d’avorio di 5 centimetri quadrati, producendo poco effetto dopo molta fatica», per raccontare di «tre o quattro famiglie in un villaggio di campagna», con i destini e le scelte delle loro figlie da marito, perché il privato è anche politico.
L’Inghilterra di Jane Austen era un mondo, come l’attuale, di rapidi cambiamenti tecnologici che portano a rapidi cambiamenti sociali. Questo romanzo è anche la storia dell’aristocratico Darcy pieno di pregiudizi e del nuovo ricco, l’industriale Bingley, che sposano le orgogliose ma relativamente povere Elizabeth e Jane Bennet, il che porta a un’armoniosa evoluzione sociale anziché alla violenta guerra di classi della Rivoluzione francese. Questo tema è ancora oggi attuale, con la classe media che emerge in tutto il mondo, e con le donne - altra «verità inconfessata» - che vogliono sposare uomini più alti, più ricchi e più intelligenti di loro. Ancora più universalmente, c’è la ricerca della quadratura del cerchio del buon sense (abbastanza denaro) con la condivisione di affetti e visioni, la sensibility.
Jane avrebbe trovato molto divertente l’idea che per milioni di fan cinesi la vera eroina di Orgoglio e pregiudizio è la signora Bennet, che riesce a maritare bene tre figlie. Jane è anche ironica nei confronti dei suoi lettori perché, mentre ridono della volgarità della signora Bennet e si deliziano della garbata causerie del signor Bennet, è chiaramente la madre, e non il padre, che ha la vera lungimiranza morale. Di nuovo con beffarda intelligenza emotiva, Austen infilza il materialismo femminile ed è pungente sulle sue cause quando fa ammettere a Elizabeth: «È accaduto così gradualmente, che non saprei dire quando sia cominciato. Ma credo che il mio amore per Darcy risalga alla prima volta che ho visto la sua meravigliosa tenuta di Pemberley».

"La Stampa”, 31 gennaio 2013

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