10.12.13

La madre dei Marx (dall'autobiografia di Groucho)

Tre dei fratelli Marx in "Una notte all'Opera"
Mia madre alla fine giunse alla conclusione che il modo migliore di sfondare nello show business non era lanciare un ragazzo alla volta ma tutti assieme. Gummo aveva l'anima e gli istinti di un inventore ed era meglio toglierlo da quell'ordine di idee prima che trasformasse tutto in qualcosa d'altro. In quel momento Gummo stava adocchiando mio padre. Fu allora che mamma espresse la decisione che avrebbe cambiato il corso della nostra vita. Annunziò che Gummo sarebbe diventato un attore. Gummo, fra tutti noi! Aveva una naturale attitudine per le scene come ne può avere uno zulù per la psichiatria.
«Ho idea di formare un numero che farà sensazione», dichiarò mamma «prenderemo una cantante. Questo darà un po' di sesso. E Gummo e tu» disse, puntando il dito verso di me «sarete gli yachtsmen. Sesso e marinai, non può fallire!»
Un po' sorpreso, chiesi, «Mamma, perché yachtsmen?» «Te lo spiegherò», rispose, «Stamattina, passando dai grandi magazzini Bloomingdale avevano dei completi bianchi in svendita a 9 dollari e 98. Prenderemo qualche cappello di paglia da poco - sono in saldo adesso perché l'estate è quasi finita - e delle scarpe bianche. Anche quelle sono in saldo, perché sono misure grandi. Io ho già fatto il vestito per la ragazza della scenetta».
«Mamma», interruppi di nuovo, debolmente, «come sai che il vestito andrà bene alla ragazza che sceglieremo?»
«Non essere sciocco», disse, alzando le spalle, «ci sono centinaia di cantanti in giro dobbiamo solo scegliere quella alla quale andrà bene il vestito!»
Non molto tempo dopo, stavamo provando nel nostro salotto tutti vestiti con abiti bianchi, cappelli di paglia bianchi, scarpe bianche, cravatte bianche che ciondolavano, colletti di celluloide e rose di carta nei nostri occhielli. Non ricordo esattamente come era vestita la ragazza. Tutto quello che ricordo è che l'abito non le stava.
Non avevamo ancora un titolo per la scenetta, ma dopo che mia madre ci udì cantare una canzone Hoiv'd You like fo be my little sweelheart?» disse, «Ho il titolo perfetto per la scenetta. La chiameremo I tre usignoli
«Ma perché usignoli?» chiesi.
«Perché», rispose, «tutti sanno che gli usignoli passano tutto il loro tempo a cantare».

C'erano tre logiche ragioni per la quale lei ci aveva chiamato i tre usignoli. Uno, non aveva va mai sentito un usignolo. Due, era quasi sorda. Tre, aveva un grande senso dell'humour.

In "il manifesto", 30 settembre 1990

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