1.1.14

1915. L'aitante monsignor Gerlach, cameriere segreto del Papa... (Andrea Tornielli)

Il papa cattolico Benedetto XV
Un «cameriere segreto» con la passione dell’intelligence, ben introdotto nell’appartamento pontificio. Un Papa di nome Benedetto, un alto funzionario discreto e affidabile di nome Monti che ha giocato un ruolo chiave per aiutare il Vaticano in un momento difficile… Si apre Oltretevere il processo all’aiutante di camera Paolo Gabriele, reo confesso per aver sottratto e divulgato documenti riservati provenienti dalla scrivania papale, ma la spy story che raccontiamo si è svolta quasi cent’anni fa: il Papa era Benedetto XV, al secolo Giacomo Della Chiesa, il cameriere segreto un giovane e aitante monsignore di origini bavaresi, Rudolph Gerlach. E Monti – Carlo – era il direttore dell’ufficio per gli Affari del Culto nonché ambasciatore ufficioso del governo italiano presso il Vaticano.
Della Chiesa, genovese, arcivescovo di Bologna dopo una lunga carriera in Segreteria di Stato, aveva conosciuto l’intraprendente Rudolph all’Accademia dei Nobili ecclesiastici, e l’aveva preso a benvolere. Gerlach, arrivato al sacerdozio dopo aver tentato invano la carriera di ufficiale nell’esercito tedesco, era stato nominato cameriere segreto dal nuovo Papa Benedetto XV nel 1914 e frequentava assiduamente da allora l’appartamento pontificio.
Il controspionaggio italiano lo riterrà coinvolto nelle azioni di sabotaggio che portarono all’affondamento di due navi da guerra della nostra Marina, la «Benedetto Brin», fatta esplodere nel porto di Brindisi il 27 settembre 1915, e la corazzata «Leonardo da Vinci», distrutta a Taranto il 2 agosto dell’anno successivo. L’accusa sostenne che monsignor Gerlach era in contatto con l’Evidenzbureau, il Servizio informazioni austroungarico, e che usava le notizie apprese in Vaticano per aiutare i nemici dell’Italia, favorendo anche il finanziamento dei nostri giornali «disfattisti». Il Tribunale militare lo giudicherà in contumacia condannandolo all’ergastolo. La vicenda, ricostruita da Annibale Paloscia nel libro Benedetto fra le spie (Editori Riuniti 2007), si concluse con la fuga di Gerlach, favorita dal Vaticano e agevolata dal barone Monti. Quest’ultimo fornì al cameriere il passaporto per fuggire in Svizzera, facendolo scortare fino al confine da un funzionario della Questura. Il Papa non credette mai alla colpevolezza del collaboratore, anche non contribuì certo a rendere credibile la sua estraneità ai fatti l’accoglienza tributata a Gerlach dal Kaiser Guglielmo II a Berlino e dall’imperatore Carlo I a Vienna: furono prodighi con lui di onorificenze e medaglie, esibite con orgoglio dal monsignore. Gli 007 italiani in Svizzera segnalarono che l’ex cameriere pontificio conduceva a Davos «vita di secolare convivenza» con una contessa.
Qualche anno dopo Gerlach chiese di abbandonare l’abito talare, impegnandosi a restituire alcuni documenti vaticani che aveva portato con sé, e venne accontentato. Morirà in Gran Bretagna, nel 1945, dove viveva sotto falso nome collaborando con i servizi segreti di Sua Maestà.


“La Stampa”, 29 settembre 2012

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