18.2.14

"Aviri lu vudieddru lisciu". "Suvaru", "surfaru" e "tabaccu" (S.L.L.)

Antica tabacchiera
Nel vecchio ma sempre dilettevole dizionario I gerghi della malavita che Ernesto Ferrero licenziò negli anni 70 trovo, in pagine contigue, tre “voci”, che tutte significavano (e forse significano) nella malavita siciliana la consegna del “silenzio”. Si tratta di surfuru, suvaru e tabaccu.
Per suvaru si dà una spiegazione convincente: “Lett. in siciliano ‘sughero’, che è materiale, come ognun sa, ottimo per fare tappi”. Aggiunge Ferrero che Suvaru e fatti léggiu è l’espressione cui si ricorre per avvisare un complice del pericolo, accoppiando all’indicazione del silenzio il consiglio di fuggire.
Per surfuru è citato Alfredo Niceforo, un criminologo lombrosiano che in Il gergo nei normali, nei degenerati, nei criminali (1897) così spiega la formula, a quanto si legge più catanese che palermitana: “Lett. in dialetto ‘zolfo’, minerale dalle note proprietà astringenti”. Evidentemente si suggerisce di “tenere dentro” e l’espressione fa il paio con quella del mio paese, non documentata dal dizionario ma presente alla mia memoria, di aviri lu vudiéddru lisciu, (lett. ‘avere il budello liscio’), che allude a una facile liberazione degli intestini e significa la disinvolta rivelazione dei segreti.
Quanto a tabaccu, ‘tabacco’, Ferrero non dà spiegazioni. A me pare evidente un riferimento alla tabacchiera, che veniva chiusa ermeticamente. (S.L.L.)


Fonte: Ernesto Ferrero, I gerghi della malavita, Oscar Mondadori, 1972

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