26.2.14

"Carissima Mirella". Una lettera di Aldo Natoli dal carcere fascista (1941)

Aldo Natoli, come egli stesso racconta nel lungo colloquio con Vittorio Foa di recente pubblicato (Dialogo sull’antifascismo, il Pci e l’Italia Repubblicana), insieme con Bruno Sanguinetti, Lucio Lombardo Radice e Pietro Amendola, fu tra i protagonisti del gruppo comunista romano. Arrestato nel dicembre 1939, fu condannato dal Tribunale speciale a cinque anni di carcere e rinchiuso nella casa penale di Civitavecchia. La lettera qui postata, databile alla fine di febbraio 1941, fu inviata dal carcere a Mirella, poi compagna di una vita, per il suo compleanno, è tratta dalle carte della famiglia di Aldo Natoli e fu pubblicata da “Repubblica” in occasione della sua morte. (S.L.L.)
Aldo Natoli in una foto del 1938

Carissima Mirella,
spero che la lettera ti trovi a Roma per la tua festa. Per questa tua festa che già per la terza volta ricorre da quando io sono in carcere che, con il suo sopravvenire, sembra portarci via ad uno ad uno gli anni "più belli". Ma questa considerazione non desta in me tristezza alcuna, né senso di sensibile perdita; e così sarà anche in te, con certezza. Più belli, infatti, saranno gli anni che noi vivremo insieme nel futuro, perché arricchiti di tanta esperienza e fortificati da una sofferenza che abbiamo saputo far semplice e positiva; avendo appreso a volerci bene, ad amarci come uomini che hanno ferma la mente e il cuore a qualcosa di più grande che la loro limitata esistenza di creature di carne. In questo forse la "necessità" della nostra vicenda, il suo significato di catarsi.
Mi osservo di tanto in tanto nel corso di questi mesi e mi trovo a domandarmi se vado mutando e in che senso, e di recente mi è parso che forse il più sensibile mutamento che risentirò anche nel carattere, consisterà forse in un certo placamento della mia capacità di entusiasmo, di "Schwärmerei", di una generosa esaltazione e di intimi rapimenti. Insomma, forse mi ritroverai più sulla terra e meno nel cielo e, fra tanto fervore, anche un po' di critica. "A chi sa guardare, questo mondo non è muto", suona il motto di Goethe; ed io adesso mi sento più vicino a "questo mondo" che ad altri mondi. Sarà forse perché adesso da anni non mi trovo sotto un cielo stellato; ma mi pare che questo spettacolo non potrà più rapirmi come una volta. Ed in questo non sento perdita.
Non credere Mirella che quello che di nuovo troverai in me, se del nuovo troverai, derivi dai libri letti, dalla "cultura"; tutto questo è infinitamente secondario. Se in qualche cosa sarò mutato - poiché non mi sfugge la fallacia di questi tentativi di autoanalisi - esso va ricercato in una sfera di "moralità"... ma insieme non credere che io abbia dimenticato di essere "ragazzo" come una volta. Ti abbraccio
il tuo Aldo


“La Repubblica”, 11 novembre 2010

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