26.2.14

La falsa scienza. Abbagli individuali e frodi volontarie (di Vincenzo Barone)

Più di mezzo secolo fa, il biologo e divulgatore francese Jean Rostand pubblicava un breve saggio intitolato Science fausse et fausses sciences (Gallimard, 1958) che aveva come oggetto “i vari modi in cui la verità scientifica può essere adulterata dagli ‘stregoni’ di ogni specie, dai fanatici di tutte le ideologie, e persino, inconsapevolmente, da qualche vero scienziato”. La “scienza falsa” è, nella terminologia di Rostand, quell’insieme di fenomeni illusori che alcuni scienziati, autoingannandosi, ritengono talvolta di osservare (l’esempio originale era quello dei raggi N di Blondlot, ma oggi possiamo far rientrare in questa categoria anche la memoria dell’acqua e la fusione fredda); le “false scienze” sono invece le credenze e le discipline genuinamente pseudoscientifiche, come la genetica di Lysenko o, a un livello più popolare, la rabdomanzia e le teorie della percezione extrasensoriale. Rostand vedeva in “un’igiene preventiva del giudizio” il modo più efficace di combattere le false scienze: “Insegnare ai giovani lo spirito critico, premunirli contro le menzogne della parola e della stampa, creare un terreno intellettuale in cui la credulità non possa attecchire, insegnare loro che cos’è coincidenza, probabilità, ragionamento giustificativo, logica affettiva, resistenza incosciente al vero, far loro comprendere che cos’è un fatto e che cos’è una prova”.
Dai tempi in cui Rostand denunciava gli attacchi preterintenzionali o dolosi alla verità scientifica, la scienza ha fatto passi da gigante, ma con essa è progredita anche la galassia della “parascienza”. È questo territorio variegato, fatto di teorie assurde, di leggende, di presunte scoperte, di risultati truffaldini, che il chimico e divulgatore Silvano Fuso esplora in un libro (La falsa scienza. Invenzioni folli, frodi e medicine miracolose dalla metà del settecento a oggi, Carocci, Roma 2013) che ricorda nel titolo il pamphlet di Rostand, ma si presenta come un repertorio sistematico e ragionato delle tante forme di “scienza malata”.
Le sei parti in cui è suddiviso il libro illustrano altrettanti modi in cui la scienza può degenerare, o l’idea di scienza può essere declinata illegittimamente: abbagli individuali e collettivi, frodi volontarie, invenzioni folli, scoperte “metafisiche”, teorie rivoluzionarie, medicine e miracoli. Fuso adotta l’espediente narrativo di fingere all’inizio di ogni capitolo che la pseudoteoria o la pseudoscoperta di cui si accinge a parlare siano corrette, e ne descrive, con esiti talvolta molto divertenti, le conseguenze. Che cosa succederebbe se la fusione fredda fosse un fenomeno reale, se gli animali telepatici di Rupert Sheldrake esistessero davvero, se il cronovisore di padre Ernetti potesse essere realizzato, se il raggio della morte attribuito a Nikola Tesla (uno degli scienziati che più alimentano le fantasie di mattoidi e ciarlatani) fosse nell’arsenale di qualche superpotenza? Il gioco è particolarmente illuminante, perché le false scoperte non riguardano mai questioni di poco conto, ma sono sempre rivoluzionarie. Peccato, però, che di queste rivoluzioni non si veda in giro alcuna traccia.
E qui entrano in scena altri due aspetti tipici della pseudoscienza: il mito del “genio incompreso” (il ricercatore solitario, spesso autodidatta, che nel chiuso della sua stanza scopre la teoria del tutto, o inventa la macchina del moto perpetuo) e la teoria del complotto (è, naturalmente, la scienza “ufficiale” a soffocare le straordinarie idee degli scienziati “eretici”). Molti dei casi trattati da Fuso inducono al sorriso, e sono preoccupanti solo perché segnalano un totale fraintendimento delle regole e delle procedure della scienza. Ma ce ne sono altri che destano allarme per le loro conseguenze etiche e sociali: si tratta, da un lato, dei casi di frodi scientifiche, sempre più frequenti vista la crescente competitività in certi settori della ricerca, come le biotecnologie e le nanoscienze; dall’altro, dei casi di terapie “non convenzionali” (ma sarebbe meglio dire infondate), che alimentano purtroppo le illusioni di persone in grave stato di difficoltà. Si pensi, a questo proposito, alla cura anticancro di Luigi Di Bella o, caso troppo recente per poter essere registrato dal libro di Fuso, al famigerato metodo Stamina dello psicologo Davide Vannoni: un protocollo oscuro, non sostenuto da alcuna sperimentazione controllata né da pubblicazioni scientifiche, oggetto di una domanda di brevetto corredata di figure tratte da ricerche altrui, e tuttavia improvvidamente magnificato da certi mezzi di comunicazione.
Il libro di Fuso si conclude con l’invito a un sano scetticismo, inteso non come incredulità aprioristica, ma come la giusta pretesa di avere prove adeguate prima di accettare un’asserzione. “Si tratta – osserva l’autore – di un atteggiamento mentale non solo perfettamente razionale, ma anche doveroso nella scienza e in qualsiasi altro ambito”.
Da dove, se non da qui, dovrebbe prendere avvio l’educazione del cittadino nella società della conoscenza?


“L’Indice dei libri del mese”, gennaio 2014

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