Nel 1955, salendo un aereo
Mosca-Helsinki, l’interprete sovietico mi dette, perché lo mangiassi in viaggio
sull’elegante aereo svedese, un pacco di carta gialla da droghiere che
avvolgeva due grosse fette di pane gonfie di burro e caviale. Erano molto
simili alle fette delle merende materne. Oggi, probabilmente, i sovietici si vergognerebbero
di quella rozza presentazione. E invece: il prezioso caviale trattato come
fosse marmellata di fichi, questo è il modo giusto di trattare la cultura.
da Da un diario inesistente (all’interno di una lettera datata 1969)
in "Linea d’ombra", N.1, marzo1983
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