10.3.14

Arthur Rubinstein e Roberto Rossellini. Incontro a Roma (Ingrid Bergman)

Un’altra pagina dell’autobiografia di Ingrid Bergman, esemplare esemplificazione dei tratti di “stronzaggine” che talora si trovano anche nelle persone di genio. (S.L.L.)

(Roberto) a volte sapeva essere anche molto sgarbato. Ricordo un caso, in particolare, in cui venne coinvolto il grande pianista Arthur Rubinstein. I Rubinstein erano stati miei vicini di casa, quando ancora vivevo in California, in Benedict Canyon Drive. Pia e io eravamo molto comprese all'idea di avere un vicino simile; ce ne stavamo intere ore dietro la siepe di cinta che separava i nostri giardini per ascoltarlo suonare. Una volta Petter e io fummo persino invitati a cena a casa loro. Quando vivevo ormai a Roma con Roberto, Arthur Rubinstein arrivò per dare un concerto. Andai a sentirlo e, al termine del concerto, mi recai a salutarlo nel suo camerino. Tanto lui che sua moglie parvero molto soddisfatti di vedermi. Incoraggiata dalla loro accoglienza li invitai a cena e loro accettarono.
«Grazie» mi dissero. «Siamo stanchi di tutti i grandi ricevimenti a cui ci tocca partecipare. Verremo molto volentieri.»
«Splendido! Inviterò anche il fratello di Roberto con sua moglie. Renzo fa il compositore.»
«Benissimo.»
Annunciai l'invito a Roberto, che approvò soddisfatto. Cercai di organizzare una cena perfetta. I primi ad arrivare furono Renzo e sua moglie, e a essi seguirono i Rubinstein. Di Roberto neanche l'ombra. Servii gli aperitivi una prima volta, li offrii una seconda. Al terzo giro cominciai a innervosirmi e telefonai agli studi. Mi rispose Roberto: «Che cosa c'è?».
« Hai dimenticato che abbiamo a cena i Rubinstein? Ti stiamo aspettando, devi sbrigarti. Non puoi comportarti così con un personaggio di quella fama. »
« Adesso non posso. Sono in piena fase di montaggio. Sarò a casa appena possibile. »
Tornai dai miei ospiti cercando di assumere l'aria della padrona di casa che ha tutto sotto controllo e annunciai : «Roberto è stato trattenuto. Ha detto di cominciare. Ci raggiungerà appena possibile». Ci sedemmo a tavola e attaccammo il prosciutto e melone. Eravamo già passati agli spaghetti, ma la vista della sedia vuota mi rendeva estremamente nervosa, tanto che lo richiamai e gli dissi : «Senti, Roberto, siamo già a tavola. Ti prego, sbrigati. Abbiamo a cena "Arthur Rubinstein", non una persona qualsiasi. Ci ha dedicato la sua unica serata libera e non vede l’ora di conoscerti ».
«D'accordo, d'accordo, verrò il più presto possibile.» Continuammo il nostro pranzo finché arrivammo al dolce. La conversazione si stava facendo faticosa. Non sapevo più cosa dire, mentre i miei ospiti osservavano in tono educato: «Chissà cosa l'ha trattenuto». Cercai di inventare qualche scusa... era in fase di montaggio... era un momento molto delicato... c'erano delle difficoltà. Ma l'atmosfera si stava facendo davvero pesante. Ci alzammo da tavola e passammo in soggiorno a prendere il caffè. In quell'istante Roberto entrò, attraversò l'anticamera e si avviò verso la camera da letto.
Mi sentii immediatamente sollevata. «Eccolo qui, finalmente... Andiamo a prendere il caffè.» Ci sedemmo, bevemmo il nostro caffè, senza che Roberto accennasse a comparire. « Vado a vedere cosa gli è successo » dissi dopo un po'.
Si era messo a letto. «Ho mal di testa, non disturbarmi» mi annunciò.
«Non ne posso più. Come faccio a spiegare che sei andato a letto?»
«Be', non dire niente. Fa' finta che non sia tornato.»
«Ma ti hanno visto.»
«Allora di' che ho il mal di testa. »
Tornai in soggiorno, priva di forze e ormai incapace di simulare. «Mi dispiace molto, ma non si sente bene.»
«Oh» esclamarono in tono comprensivo. «Che peccato.»
Me ne stavo lì seduta, consapevole del fatto che le mie emozioni mi si leggevano in faccia, quando, d'un tratto, le doppie porte del soggiorno si spalancarono e Roberto apparve, evidentemente pentito, con le braccia spalancate. «Maestro!» gridò. Abbracciò Rubinstein, che ricambiò l'abbraccio. Per la precisione si caddero letteralmente tra le braccia. Rimasero a chiacchierare fino alle quattro del mattino senza interrompersi un solo attimo. Impossibile separarli, era stato un colpo di fulmine... Mi sentivo vicina a un attacco di cuore, anzi, sarei stata quasi "contenta" se mi fosse realmente venuto...

Ingrid Bergman La mia storia, Mondadori 1981

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